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Colloqui dei detenuti sono diritti soggettivi (Cass. 21335/20)

17 luglio 2020, Cassazione penale

L'ordinamento penitenziario riconosce e disciplina il diritto ai colloqui, che costituisce un elemento di centrale rilevanza nello sviluppo del trattamento penitenziario.

Esso, infatti, consente di preservare legami affettivi di assoluta preminenza e, al contempo, il mantenimento dei punti di riferimenti socio-familiari imprescindibili al fine di favorire il reinserimento del detenuto. L'assicurazione di tale diritto è legata alle condizioni di svolgimento dei colloqui, fra cui rientrano le dimensioni di riservatezza e serenità alle quali, alla stregua dei criteri indicati dall'art. 18 cit., deve essere improntato, per quanto possibile, il momento in cui si realizza l'incontro nel tempo limitato imposto dalla legge.

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

(ud. 22/06/2020) 17-07-2020, n. 21335

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI TOMASSI Maria Stefania - Presidente -

Dott. SIANI Vincenzo - Consigliere -

Dott. SARACENO Rosa Anna - Consigliere -

Dott. BONI Monica - Consigliere -

Dott. BINENTI Roberto - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

L.T.A., nato a (OMISSIS);

avverso l'ordinanza del 03/12/2019 del Tribunale di sorveglianza di Campobasso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Roberto Binenti;

lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto procuratore generale Dr. Tampieri Luca, che ha chiesto l'annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.

Svolgimento del processo


1. Il Tribunale di sorveglianza di Campobasso, con l'ordinanza indicata in epigrafe, respingeva il reclamo proposto da L.T.A. - collaboratore di giustizia in detenzione inframuraria - avverso il provvedimento del Magistrato di sorveglianza di Campobasso del 5 settembre 2019, che aveva rigettato il reclamo con il quale il predetto aveva mosso rilievi circa l'espletamento di un colloquio visivo del 29 giugno 2019 presso l'istituto penitenziario di Campobasso, in quanto non era stata possibile la piena fruizione di tale colloquio, essendogli stato imposto di proseguirlo in una postazione vicina a quella in cui un altro detenuto, urlando con i propri familiari, aveva provocato un gran frastuono.

2. Il Tribunale premetteva che correttamente il reclamo era stato trattato secondo la disciplina prevista dall'art. 35 Ord. pen. e, pertanto, deciso nel merito de plano, non trattandosi della lesione attuale e grave di un diritto soggettivo.

Rilevava poi che, come rappresentato dalla direzione dell'istituto, l'assegnazione delle postazioni, nel corso dei colloqui interessati dal reclamo, era rimessa alle scelte dell'amministrazione per garantire l'ordine e la sicurezza.

Infine, osservava che quanto prospettato aveva riguardato semplici difficoltà intervenute in maniera imprevista in una circoscritta occasione, di talchè nella specie neppure era apprezzabile la lesione di un mero interesse legittimo.

3. Propone ricorso per cassazione L.T.A., tramite il proprio difensore, lamentando violazione di legge e vizi della motivazione.

Rileva che il Tribunale di sorveglianza, limitandosi ad acquisire la relazione della direzione dell'istituto, ha omesso di svolgere ogni doverosa verifica. La conferma del provvedimento resa de plano dal magistrato di sorveglianza non ha correttamente inquadrato i principi di riferimento in materia. Invero, sono state disattese le direttive normative dettate a garanzia dello svolgimento dei colloqui in locali ove occorre limitare la rumorosità e l'eccessiva visibilità fra i gruppi. L'avverarsi della violazione denunciata era preventivabile e dunque evitabile. Nessuna ragione di sicurezza avrebbe potuto impedire lo spostamento richiesto, in considerazione dei mezzi di controllo e delle caratteristiche dei luoghi. Sicchè, era stato compresso il diritto al colloquio in assenza di qualsiasi giustificazione.

Motivi della decisione


1. L'ordinanza impugnata va annullata, così come quella oggetto di reclamo emessa dal magistrato di sorveglianza, per le ragioni di seguito illustrate.

2. L'art. 18 Ord. pen. riconosce e disciplina il diritto ai colloqui, che costituisce un elemento di centrale rilevanza nello sviluppo del trattamento penitenziario. Esso, infatti, consente di preservare legami affettivi di assoluta preminenza e, al contempo, il mantenimento dei punti di riferimenti socio-familiari imprescindibili al fine di favorire il reinserimento del detenuto. L'assicurazione di tale diritto è legata alle condizioni di svolgimento dei colloqui, fra cui rientrano le dimensioni di riservatezza e serenità alle quali, alla stregua dei criteri indicati dall'art. 18 cit., deve essere improntato, per quanto possibile, il momento in cui si realizza l'incontro nel tempo limitato imposto dalla legge.

3. Nella specie la domanda in sede di reclamo al magistrato di sorveglianza, come risulta dalla lettura della motivazione del provvedimento impugnato, invocava la tutela di detta posizione sostanziale, sulla base di rilievi che attenevano alla negazione del concreto ed effettivo esercizio del diritto nei modi di cui sopra: si prospettava cioè la lesione del diritto in termini gravi e attuali.

A fronte di tale contenuto della causa petendi, per come delineato dal detenuto, il procedimento instaurato dal magistrato di sorveglianza avrebbe dovuto svolgersi nelle forme del reclamo non generico, ma giurisdizionale ex art. 35-bis Ord. pen., secondo la disciplina della trattazione in udienza camerale e della previa assicurazione del contraddittorio richiamata dal comma 1 di detto articolo. Invece, sono state svolte - ancora nel provvedimento del Tribunale di sorveglianza - considerazioni di merito che hanno negato la lesione del diritto, cioè si sono pronunciate nel senso dell'infondatezza della domanda. Ma, questa, così come eccepito, poichè vertente (secondo il corretto approccio preliminare alla prospettazione) in materia di diritti e una volta non considerata manifestamente inammissibile, non avrebbe potuto essere trattata e rigettata nel merito dal magistrato di sorveglianza con provvedimento reso de plano, non rientrandosi in alcuna delle speciali ipotesi tassative in cui esso è consentito.

Tale violazione, riguardante le disposizioni degli artt. 666 e 678 c.p.p. che regolano la trattazione della domanda in udienza nel contraddittorio (secondo il richiamo dell'art. 35-bis Ord. pen.), integra una nullità assoluta ex artt. 178 e 179 c.p.p., da rilevare anche d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento (Sez. 1, n. 5186 del 10/11/2015, dep. 2016, Rv. 266136, nella materia dei permessi premio disciplinata dalle stesse disposizioni processuali).

4. Dalla citata nullità, il cui preliminare riconoscimento risulta assorbente rispetto all'esame di ogni altro rilievo, discende l'annullamento del provvedimento del Magistrato di sorveglianza di Campobasso in data 5 settembre 2019 e di quello del Tribunale di sorveglianza in questa sede impugnato, con rinvio a detto Magistrato di sorveglianza per nuovo giudizio, da svolgere con trattazione in udienza secondo il corretto percorso procedimentale comportante l'instaurazione del contraddittorio.

P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata e quella del Magistrato di sorveglianza di Campobasso in data 5/9/2019 e rinvia per nuovo giudizio al Magistrato di sorveglianza di Campobasso.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2020