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Canapa legale: il rischio del commerciante (Cass. 56737/18)

17 dicembre 2018, Cassazione penale

Non è commerciabile - e quindi può essere sequestrata - la canapa con un principio attivo superiore alla soglia di tolleranza del 0,6%: il margine di tolleranza si riferisce comunque esclusivamente alle coltivazioni in atto e non ai suoi prodotti,  ed è stata prevista per assicurare che le finalità agroindustriali disciplinate della medesima legge non comportino pericoli correlati alla circolazione di sostanze contenenti principi di natura psicotropa presenti nelle piante di canapa.

La coltivazione di canapa ad uso agroindustriale introdotta dalla n. 242/2016 prevede una non punibilità del solo agricoltore, qualora venga superato il margine di tolleranza fissato tra lo 0,2 e 0,6% di principio attivo.

Tra le finalità che rendono lecita la coltivazione della canapa, non è previsto il commercio delle inflorescenze (marjuana) né della resina (hashish).

La legge  stabilisce il rapporto fra cannabis legale e il principio attivo THC che comunque essa contiene: la percentuale di THC non deve superare lo 0,2% e quella nelle piante analizzate potrà oscillare dallo 0,2% allo 0,6% senza comportare responsabilità per l’agricoltore.

Nel caso in cui la percentuale di THC dovesse superare la soglia dello 0,6% l’autorità giudiziaria può disporre il sequestro o la distruzione della coltivazione, sempre esclusa la responsabilità dell’agricoltore.

Il tenore di THC delle varietà di canapa greggia coltivate non deve superare il limite totale dello 0,2 per cento, in rapporto peso-peso secondo metodica ufficiale.

Qualora all’esito del controllo il contenuto complessivo di THC della coltivazione risulti superiore allo 0,2 per cento ed entro il limite dello 0,6 per cento, nessuna responsabilità è posta a carico dell’agricoltore che ha rispettato le prescrizioni di cui alla legge n. 242 del 2016.

Con specifico riguardo alle infiorescenze della canapa, si precisa che queste, pur nonessendo citate espressamente dalla legge n. 242 del 2016 né tra le finalità della coltura né tra i suoi possibili usi, rientrano nell’ambito dell’articolo 2, comma 2, lettera g), rubricato, Liceità della coltivazione, ossia nell’ambito delle coltivazioni destinate al florovivaismo, purché tali prodotti derivino da una delle varietà ammesse, iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle
specie di piante agricole, il cui contenuto complessivo di THC della coltivazione non superi i livelli stabiliti dalla normativa.

 (cfr. anche circolare del Ministro della politiche agricole del maggio 2018).

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 27 novembre – 17 dicembre 2018, n. 56737
Presidente Petruzzellis – Relatore Capozzi

Ritenuto in fatto

1. Con l’ordinanza in epigrafe, a seguito di istanza di riesame proposta dall’indagato R.R. , il Tribunale di Forlì ha confermato il decreto emesso dal Pubblico Ministero presso lo stesso Tribunale con il quale è stata disposta la convalida ai sensi dell’art. 355, comma 2, cod. proc. pen. del sequestro probatorio effettuato dalla p.g. in relazione al reato di cui agli artt. 73, 80 d.P.R. n. 309/90 di sostanze stupefacenti (marijuana ed hashish) rinvenute presso i locali della "C.. s.r.l." di (…) ed oggetto della attività commerciale da questa svolta.
2. Avverso la ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del R. deducendo con unico motivo violazione di legge e vizio della motivazione in ordine alla sussistenza del fumus commissi delicti.

La "C.. s.r.l." ha prodotto alla P.G. operante - e, successivamente, al P.M. prima della convalida - le analisi e le controanalisi su ciascuno dei lotti, poi sottoposti a sequestro, che dimostravano la perfetta liceità di tutta la sostanza sequestrata alla società - rientrante nelle previsioni di cui alla legge n. 242/2016 che ha escluso dall’ambito di operatività del D.P.R. n. 309/90 la pianta agricola denominata Cannabis Sativa, legale - in relazione alla quale risultava un valore di THC inferiore allo 0,6%. In relazione a tale produzione documentale alcuna considerazione era rinvenibile nel decreto di convalida, pertanto, nullo per assenza del fumus delicti e mancanza della motivazione.

La motivazione resa dal Tribunale risulta, inoltre, meramente apparente in assenza di qualsiasi valutazione in ordine ai motivi di riesame fondati sulla comparazione tra il dato normativo ed i risultati delle analisi tossicologiche prodotte che portano a qualificare la sostanza quale Cannabis sativa legale, risultando lecita la detenzione di tutta la sostanza sequestrata.

L’assunto in ordine alla emergenza degli elementi indiziari non ha nulla a che vedere con la "C.. s.r.l.", posto che eventuali irregolarità riguardano società da questa distinte e con le quali non ha alcun rapporto o relazione commerciale.

Risulta evidente, secondo il ricorrente, la non corrispondenza del fatto contestato alla fattispecie di reato ascritta di cui agli artt. 73, 80 d.P.R. n. 309/90, rispetto agli indagati che esercitano legittimamente l’attività di commercio di piante, fiori ed altro.

L’assunto della P.G., che cita il decreto del Ministero della Salute in data 18.10.2017, si fonda sulla non inclusione in tale provvedimento della società "M.. S.r.l." che è assolutamente estranea alla "C.. s.r.l." che commercia esclusivamente Cannabis Sativa L, esclusa espressamente dall’applicazione del D.P.R. n. 309/90 e non soggetta a restrizioni di commercializzazione in ragione delle particolari caratteristiche organolettiche della medesima e dei ridotti principi attivi che può produrre. Le stesse bolle doganali dimostrano il passaggio della sostanza di cui è comprovata la liceità in ragione della presenza di tracce di principi attivi ai limiti tra lo 0,2 e lo 0,6 introdotti dalla legge 242/2016 ed anche l’ulteriore indagine tossicologica consentita alla difesa ha comprovato l’assunto.

Si censurano, ancora, le modalità di esecuzione della perquisizione effettuata dalla p.g. inammissibilmente estesa al magazzino della C.. in ordine alla quale eccezione nessuna considerazione è stata svolta dalla ordinanza impugnata.

Si osserva, infine, che l’art. 4 della legge 242/2016 consente anche controlli da parte della p.g. ma non consente, senza distinzioni, che l’A.G. possa disporre il sequestro e la distruzione della sostanza, qualora siano stati rilevati valori di THC inferiori allo 0,6%.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

2. Deve essere ricordato che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692 - 01).

3. Osserva la Corte che l’ordinanza impugnata ha motivato in ordine alla sussistenza dei presupposti legittimanti il sequestro. In particolare, ha ritenuto sussistente la motivazione della disposta convalida con riferimento al rinvio della nota di p.g. n. (omissis) il cui contenuto consente di individuare il percorso logico argomentativo seguito dall’organo inquirente in ordine alla sussistenza dei presupposti di legge. L’attività nei confronti della C..d s.r.l. di Forlì si era sviluppata a seguito del rinvenimento presso una tabaccheria di (omissis) di confezioni di marijuana analoghe a quelle rinvenute in possesso di giovani e che avevano fatto registrare - a seguito di analisi - un valore di principio attivo pari allo 0,7% a fronte dello 0,46% indicato nell’etichetta. Unitamente a dette confezioni, nella tabaccheria, sono state rinvenute altre confezioni della medesima sostanza stupefacente riconducibili alla predetta C.. s.r.l. di Forlì (v. pg. 4 del provvedimento impugnato). La perquisizione svolta presso la predetta ditta non aveva consentito di rinvenire documentazione in ordine a rapporti commerciali con la tabaccheria abruzzese ma consentiva di rinvenire - in un locale - gr. 52,257 di marijuana e 145 grammi di hashish e - in altro locale - gr. 165 di marijuana e 14 grammi di hashish.

Alla analoga deduzione difensiva il Tribunale, nel rimarcare il collegamento tra quanto rinvenuto nella tabaccheria e la ditta dell’indagato, ha ritenuto giustificato il vincolo apposto sulla base della necessità di verificare la precisa corrispondenza della marijuana sequestrata alla specie di canapa legalmente commerciabile ai sensi della legge 242/2016 nonché, se anche così fosse, il rispetto del limite di principio attivo posto dall’art. 4 della medesima legge, dal momento che il superamento ai sensi dei commi 5 e 7 della citata disposizione consente alla A.G. di disporne la distruzione. Quanto alle modalità esecutive del sequestro il Tribunale ha risposto osservando - da un lato - che le diverse finalità della disciplina della legge 242/2016 lasciano impregiudicati i poteri di intervento della p.g. e - dall’altro - l’assenza di sanzioni processuali a riguardo. Il Tribunale ha, infine, censurato l’approccio difensivo volto a proporre questioni riguardanti la responsabilità dell’indagato, esulante dai limiti di controllo incidentale.

4. Ritiene il Collegio che - nei richiamati i limiti in cui è ammesso il ricorso in cassazione nella materia de qua - il provvedimento reso dal Tribunale del riesame resiste al ricorso sia in relazione al ritenuto fumus delicti - ancorché per le più radicali ragioni che si andranno ad esporre nell’ambito dell’esercizio dei poteri previsti dall’art. 619 cod. proc. pen. che alla esigenza probatoria connessa al vincolo apposto.

5. Quanto al fumus delicti, la Corte ritiene tutt’ora valido il principio espresso da Sez. 6, n. 46074 del 08/10/2015, Gullì e altri, Rv. 265519 secondo il quale la cannabis sativa L, in quanto contenente il principio attivo Delta-9-THC, presenta natura di sostanza stupefacente sia per la previgente normativa che per l’attuale disciplina, costituita dall’art. 14 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, come modificato dall’art. 1, comma terzo, D.L. 20 marzo 2014, n. 36, convertito dalla legge 16 maggio 2014, n. 79, in cui l’allegata Tabella II prevede solo l’indicazione della Cannabis, comprensiva di tutte le sue possibili varianti e forme di presentazione, e riferibile a tutti i preparati che la contengano, rendendo così superfluo l’inserimento del principio attivo Delta-9-THC.

In motivazione è stato affermato che "è destituita di fondamento anche la tesi secondo cui l’attuale disciplina, costituita dall’art. 14 del Testo Unico sugli stupefacenti (Criteri per la formazione delle tabelle) come modificato dall’art. 1, comma 3 del d.l. 20 marzo 2014 n. 36 convertito in l. n. 79 del 16 maggio 2014, non contempli la Cannabis sativa L tra le sostanze psicotrope, confermando la pretesa scelta legislativa di non averla mai espressamente indicata nelle previgenti tabelle. Vale, infatti, in primo luogo rilevare che al suo comma 1, lett. b), n. 1) l’art. 14 contempla espressamente la cannabis (senza ulteriori specificazioni) e i prodotti da essa ottenuti; al suo comma 4 l’articolo stabilisce poi che le sostanze e le piante di cui al comma 1 lettere a) e b) sono soggette alla disciplina del presente testo unico anche ove si presentino sotto ogni forma di prodotto, miscuglio o miscelà. Va anche ricordato che - come evidenziato pure dalla sentenza Sez. U n. 29316 del 26 febbraio 2015 sul tema dell’inserimento in tabella del Nandrolone - la normativa del 2014 introduce, con riferimento alle tabelle I, II, III e IV, l’inedita dizione di preparazioni contenenti le sostanze di cui alla presente lettera, in conformità alle modalità indicate nella tabella dei medicinali di cui alla lett. e), volta in effetti a chiudere il cerchio delle possibili utilizzazioni delle predette sostanze sotto forma di preparati che le contengano. In conformità alle citate previsioni, la vigente tabella II si limita, perciò, a indicare la denominazione comune della sostanza (cannabis), da intendere con riferimento a tutte le sue possibili varianti (Indica, Sativa L, etc.), alle diverse forme di presentazione (foglie e infiorescenza, olio e resina) e a tutti i preparati che la contengano: in tale prospettiva l’omessa menzione specifica del Delta-9-THC o tetraidrocannabinolo appare giustificata in quanto superflua e non suona per nulla come conferma di un preteso mancato di inserimento del principio tra le sostanze psicotrope nelle tabelle previgenti alla legge n. 49 de 2006. Detto altrimenti, a dispetto delle tormentate vicende che hanno interessato la disciplina precettiva e sanzionatoria di base, non si è mai data soluzione di continuità nella rilevanza penale delle condotte di traffico illecito di sostanze contenenti tetraidrocannabinoli o Delta-9-THC,principio attivo oggi non più espressamente indicato nella vigente Tabella II allegata al Testo Unico sugli stupefacenti per la semplice ragione che tutte le specie di Cannabis, nessuna esclusa, sono assoggettate alla disciplina di settore.".

Secondo l’orientamento che qui si prospetta si pongono due decisioni intervenute successivamente alla legge n. 242/2016.

Con la prima resa da Sez. 4 n. 34332 del 13.6.2018, Durante (non massimata) - in materia di sequestro probatorio - è stata evidenziata come "la coltivazione di canapa ad uso agroindustriale... è esplicitamente dalla medesima legge corredata di salvezze - con riferimento al testo Unico sugli stupefacenti - di limitazioni agli utilizzi indicati dall’art. 2. In particolare per quanto riguarda l’utilizzo volto ad ottenere "alimenti e cosmetici" è stato corredato della precisazione "prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori""..., essendo " chiaro dal tenore delle norme che destinatario del margine di tolleranza fissato tra lo 0,2 e 0,6% è l’agricoltore".

Con successiva decisione Sez. 6 n. 52003 del 10.10.2018 n. 52003, Moramarco (non massimata) - pure in materia di sequestro probatorio ha affermato che non opera la esenzione di responsabilità, anche penale, prevista dall’art. 4, commi 5 e 7 della predetta legge in caso di superamento del limite dello 0,6% (così meglio intesa la indicata percentuale indicata) in quanto riferita al solo agricoltore che abbia impiantato una coltivazione di canapa e solo qualora lo stesso abbia rispettato le prescrizioni della relativa legge, non rinvenendosi alcuna indicazione testuale proveniente dalla predetta legge in ordine alla estensione della esenzione della responsabilità - prevista per il solo agricoltore - a tutta la filiera di coloro che acquistano e rivendono al minuto le sostanze con un principio attivo superiore allo 0,6%.

6. Ritiene questo Collegio che l’orientamento già espresso con la decisione del 2015 non può ritenersi superato dalla sopravvenuta legge 242 del 2016 la quale non ha affatto reso lecita la commercializzazione della marijuana e dell’hashish.

Come è noto, la marijuana è una sostanza psicoattiva contenente il principio attivo THC; secondo l’uso comune, per marijuana si intendono le infiorescenze delle piante femminili essiccate e conciate per essere fumate; dalle infiorescenze si ricava anche una particolare resina, solida o collosa, comunemente denominata hashish.

Già con il Testo unico in materia di stupefacenti il legislatore - nel determinare le coltivazioni e le produzioni vietate ai sensi dell’art. 26 così come modificato dall’art. 1, comma 4, del d.l. 20.3.2014 n. 36, convertito con modificazioni, nella legge 16 maggio 2014 n. 79 - nel vietare nel territorio dello Stato la coltivazione delle piante comprese nelle tabelle I e II di cui all’art. 14, ha escluso espressamente dal divieto "la canapa coltivata esclusivamente per la produzione di fibre o per altri usi industriali".

La legge n. 242 del 2016, secondo le dichiarate finalità espresse dall’articolo 1, "reca norme per il sostegno e la promozione della coltivazione e della filiera della canapa (Cannabis sativa L.), quale coltura in grado di contribuire alla riduzione dell’impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo dei suoli e della desertificazione e alla perdita di biodiversità, nonché come coltura da impiegare quale possibile sostituto di colture eccedentarie e come coltura da rotazione" e riguarda testualmente - secondo l’art. 1 comma 2 - le coltivazioni di canapa delle varietà ammesse iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi dell’articolo 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002, - tra le quali rientrano le 62 varietà di cannabis sativa L - che, pertanto, sono escluse dall’ambito di applicazione del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti.

  • In particolare, l’ambito di liceità della coltivazione delle dette varietà di canapa, secondo l’art. 2 della legge ("liceità della coltivazione")- che può avvenire senza autorizzazione (comma 1) - è determinato in relazione alla possibilità di ottenere (comma 2):
    a) alimenti e cosmetici prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori;
    b) semilavorati, quali fibra, canapulo, polveri, cippato, oli o carburanti, per forniture alle industrie e alle attività artigianali di diversi settori, compreso quello energetico;
    c) materiale destinato alla pratica del sovescio;
    d) materiale organico destinato ai lavori di bioingegneria o prodotti utili per la bioedilizia;
    e) materiale finalizzato alla fitodepurazione per la bonifica di siti inquinati;
    f) coltivazioni dedicate alle attività didattiche e dimostrative nonché di ricerca da parte di istituti pubblici o privati;
    g) coltivazioni destinate al florovivaismo.

7. Tra le finalità che rendono lecita la coltivazione della canapa, non è quindi previsto il commercio delle inflorescenze (marjuana) né della resina (hashish) e la legge in questione, inoltre, stabilisce il rapporto fra questa cannabis legale e il principio attivo THC che comunque essa contiene (art. 4, comma 5, della legge): la percentuale di THC non deve superare lo 0,2% e quella nelle piante analizzate potrà oscillare dallo 0,2% allo 0,6% senza comportare responsabilità per l’agricoltore. Nel caso in cui la percentuale di THC dovesse superare la soglia dello 0,6% (art. 4, comma 7, della legge) l’autorità giudiziaria può disporre il sequestro o la distruzione della coltivazione, ma anche in questo caso "è esclusa la responsabilità dell’agricoltore".

A tal riguardo, deve essere osservato che la previsione della sequestrabilità delle piante in cui si rinvenga una percentuale di THC superiore allo 0,6% non ha determinato la ridefinizione, ad opera della legge 242/2016, della natura di stupefacente dei derivati della coltivazione - e perciò inducendone la liceità qualora la presenza di tale principio rimanga nell’ambito dello 0,6%. Essa, invero, si riferisce esclusivamente alle coltivazioni in atto e non ai suoi prodotti ed è stata evidentemente prevista per assicurare che le finalità agroindustriali disciplinate della medesima legge n. 242/2016 non comportino pericoli correlati alla circolazione di sostanze contenenti principi di natura psicotropa presenti nelle piante di canapa.
Pertanto, questa Corte ritiene che la legge n. 242 del 2016 non ha comportato la ridefinizione dell’ambito di liceità delle diverse condotte di detenzione e cessione della marijuana e dell’hashish quali derivati dalle coltivazioni di cannabis sativa L, le cui finalità sono definite espressamente e tassativamente dall’art. 2, comma 2, l. n. 242 del 2016, non potendosi estendere tale ambito alle predette condotte, oggettivamente e soggettivamente diverse, che rientrano nella disciplina penale prevista dal d.P.R. n. 309/90 che non risulta raggiunta da alcuna abrogazione espressa al riguardo. Deve, inoltre, rilevarsi che gli appositi controlli previsti dalla legge del 2016 proprio con riguardo al tasso di THC sono relativi a quello presente nelle piante in coltivazione e non nei prodotti finiti, e incidenti esclusivamente sulla posizione dell’agricoltore non potendosi - pertanto - neanche per questa via stabilirsi una interferenza della legge 242/2016 con la disciplina delle citate condotte di detenzione e cessione oggetto del T.U. in materia di stupefacenti.
8. Deve essere formulato il seguente principio di diritto:
"La cannabis sativa L, in quanto contenente il principio attivo Delta-9-THC, presenta natura di sostanza stupefacente sia per la previgente normativa che per l’attuale disciplina, costituita dall’art. 14 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, come modificato dall’art. 1, comma terzo, D.L. 20 marzo 2014, n. 36, convertito dalla legge 16 maggio 2014, n. 79, in cui l’allegata Tabella II prevede solo l’indicazione della Cannabis, comprensiva di tutte le sue possibili varianti e forme di presentazione, e riferibile a tutti i preparati che la contengano, rendendo così superfluo l’inserimento del principio attivo Delta-9-THC. L’introduzione della legge 2 dicembre 2016 n. 242 che, stabilendo la liceità della coltivazione della cannabis sativa L per finalità espresse e tassative, non prevede nel proprio ambito di applicazione quello della commercializzazione dei prodotti di tale coltivazione costituiti dalle infiorescenze (marijuana) e dalla resina (hashish) e - pertanto - non si estende alle condotte di detenzione e cessione di tali derivati che continuano ad essere sottoposte alla disciplina prevista dal d.P.R. n. 309/90, sempre che dette sostanze presentino un effetto drogante rilevabile".
9. In applicazione del predetto principio, deve essere rigettato il prospettato error in judicando in ordine alla astratta conformità al tipo legale di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/90 della fattispecie materiale sottoposta a giudizio in relazione alla marijuana ed all’hashish sequestrati al ricorrente, delle quali - va pure annotato ed oltre tutto quanto si è sopra detto - non è neanche allegata la provenienza da coltivazioni lecite nel territorio italiano, ma la loro importazione da produzioni estere, così esulando anche dalla stessa prospettazione difensiva volta ad estendere la liceità della coltivazione della canapa alla commercializzazione dei suoi derivati marjuana ed hashish.
10. Quanto alle finalità probatorie del sequestro, tenuto conto dei profili di censura pure emergenti dal ricorso, esulano dal vizio per il quale è ammesso ricorso le questioni riguardanti la responsabilità del ricorrente.
11. Del tutto condivisibili, infine, sono le ragioni che hanno determinato il rigetto delle deduzioni difensive relative alle modalità di esecuzione del sequestro, essendo correttamente considerata la diversa finalità della legge n. 242/16 che lascia impregiudicato l’esercizio degli ordinari poteri della p.g. volti all’accertamento ed alla repressione dei reati.
12. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.