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Basta la parola per estradare verso stati che violano i diritti (Cass. 24475/16)

13 giugno 2016, Cassazione penale

Laddove non esista Convenzione di estradizione tra lo Stato italiano e lo Stato richiedente (ovvero, pur tale Convenzione esistendo, essa espressamente condizioni l'estradizione alla sussistenza dei gravi indizi), ai fini della pronunzia favorevole all'estradizione processuale, è richiesta la documentata sussistenza e la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell'estradando.

Incombe sull'estradando un preciso onere di allegazione degli elementi e delle circostanze idonei a fondare il timore che l'estradizione preluda alla sua sottoposizione nello Stato richiedente a trattamento incompatibile col rispetto dei diritti fondamentali della persona: peraltro, la verifica giudiziaria deve riguardare solo il pericolo concreto che la persona richiesta in consegna verrà sottoposta, in caso di sua estradizione, ad atti persecutori o discriminatori ovvero a pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti o comunque ad atti che configurano violazione di uno dei diritti fondamentali della persona.

La concretezza del pericolo di sottoposizione a tortura, a trattamenti inumani o degradanti, anche quando astrattamente provato anche da elementi oggettivi, attendibili, precisi ed aggiornati risultanti da un rapporto delle Nazioni Unite,  può peraltro essere esclusa dal fatto che le Autorità dello Stato richiedente offrano specifiche assicurazioni in ordine alla sottoposizione della persona richiesta in consegna ad un trattamento diverso da quello previsto nell'ordinario circuito penitenziario, tale da escludere radicalmente la possibilità di assoggettamento a maltrattamenti di qualsiasi natura.   

 

Corte di Cassazione

sez. VI Penale, sentenza 4 maggio - 13 giugno 2016 n. 24475
Presidente Ippolito - Relatore Mogini

Ritenuto in fatto

1. C.V. ricorre per mezzo dei proprio difensore avverso la sentenza in epigrafe, con la quale la Corte d'Appello di Venezia ha dichiarato la sussistenza delle condizioni per l'estradizione del ricorrente verso la Bielorussia. La richiesta di estradizione è stata formulata sulla base di misura cautelare (mandato di arresto emesso dal Tribunale di Vitebsk il 22.1.2015) per reati di frode informatica e furto mediante l'uso di sistemi di elaborazione elettronica di dati.

2. II ricorrente censura la sentenza impugnata lamentando:
a) Violazione dell'art. 705 cod. proc. pen. e vizi di motivazione in relazione all'omessa valutazione dei gravi indizi di colpevolezza in mancanza di convenzione di estradizione con lo Stato richiedente.
b) Violazione dell'art. 698, primo comma, cod. proc. pen. e vizi di motivazione in relazione al pericolo che, in caso di consegna, il ricorrente sia sottoposto in Bielorussia - unico Stato europeo a non far parte del Consiglio d'Europa - a processo non equo e a trattamento penitenziario in istituti che versano in condizioni intollerabili e nettamente al di sotto del minimo accettabile secondo le statuizioni della Corte EDU, essendo la violazione dei diritti fondamentali in Bielorussia costantemente denunciata dalle più affidabili organizzazioni internazionali non governative quali Amnesty International e Human Rights Watch.

Considerato in diritto

1. II primo motivo è fondato. Infatti, laddove, come nel caso di specie, non esista Convenzione di estradizione tra lo Stato italiano e lo Stato richiedente (ovvero, pur tale Convenzione esistendo, essa espressamente condizioni l'estradizione alla sussistenza dei gravi indizi), ai fini della pronunzia favorevole all'estradizione processuale, è richiesta, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, la documentata sussistenza e la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell'estradando (ex multis, Sez. 6, n. 45253 del 22/11/2005, Rv. 232633).

2. Sul secondo motivo di ricorso, il Collegio osserva quanto segue.
Incombe sull'estradando un preciso onere di allegazione degli elementi e delle circostanze idonei a fondare il timore che l'estradizione preluda alla sua sottoposizione nello Stato richiedente a trattamento incompatibile col rispetto dei diritti fondamentali della persona (ex multis, Sez. 6, n. 4977 del 15.12.2015 Rv. 265899; Sez. 6, n. 38850 del 18.9.2008, Rv. 241261).
La Corte territoriale ha accertato, come sollecitato dal ricorrente nel corso del giudizio di primo grado, che quest'ultimo, in quanto cittadino straniero, non potrà essere sottoposto alla pena dei lavori socialmente utili.
Il ricorrente denuncia peraltro il concreto pericolo di essere sottoposto in Bielorussia - unico Stato europeo a non far parte del Consiglio d'Europa - a processo non equo e a trattamento penitenziario in istituti che versano in condizioni deprecabili.

Rileva il Collegio che nel Rapporto 2015 del Relatore Speciale sulla situazione dei diritti umani in Bielorussia (documento O.N.U. A/HRC/29/43 del 29.4.2015), presentato alla 29a Sessione del Consiglio dei Diritti Umani dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, risultano evidenziati elementi oggettivi, attendibili, precisi e opportunamente aggiornati in ordine ai quali il Relatore esprime la sua preoccupazione, tra l'altro, per quanto riguarda le condizioni di detenzione, in relazioni a carenze vuoi sistemiche o generalizzate, vuoi che colpiscono determinati gruppi di persone, vuoi ancora che colpiscono determinati centri di detenzione in Bielorussia (paragrafi 44, 48-52).

Il Collegio ricorda a tale proposito che questa Corte, in tema di estradizione per l'estero, ha affermato che il divieto per il giudice italiano di pronunciarsi favorevolmente sull'istanza per il pericolo che l'estradando subisca la violazione dei diritti fondamentali consegue non solo al regime normativo dello Stato richiedente, ma anche alla "scelta di fatto" delle sue Autorità, la quale ricorre quando queste si limitano ad assumere l'impegno di intraprendere le dovute iniziative per assicurare ai detenuti le condizioni necessarie a salvaguardare le minime esigenze di rispetto della dignità umana, senza però approntare in concreto misure idonee, nonostante l'ufficiale conoscenza dello stato di degrado in cui versano le strutture carcerarie del Paese.

In applicazione di tali principi, questa Corte, in riferimento ad una richiesta della Repubblica del Brasile, ha annullato con rinvio la sentenza impugnata, ritenendo doveroso un approfondimento istruttorio per accertare l'eliminazione o la significativa attenuazione della negativa situazione denunciata da organismi non governativi ed accertata da una missione dell'Unione Europea (Sez. 6, n. 46212 del 15/10/2013, Rv. 258082).

Ritiene il Collegio che analogo approfondimento istruttorio si imponga nel caso di specie, alla luce dei sopra citati accertamenti realizzati nell'ambito dell'attività istituzionale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.


La Corte territoriale - alla quale è già demandata, alla stregua di quanto esposto al precedente paragrafo 2, la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza - dovrà dunque altresì verificare, in modo concreto e preciso, se sussistono motivi seri e comprovati di ritenere che il ricorrente, se consegnato in estradizione allo Stato richiedente, corra, a causa delle condizioni di detenzione in tale Stato, un rischio concreto di trattamento inumano o degradante, ai sensi degli art. 698, comma 1, 705, comma 2, cod. proc. pen. e 4 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (Corte EDU, Soering c. Regno Unito, sentenza del 7.7.1989).

A tal fine, la Corte territoriale procederà, ai sensi dell'art. 704, comma 2, cod. proc. pen., agli accertamenti ritenuti necessari. Valuterà a tale scopo l'opportunità di chiedere, per il tramite del Ministro della Giustizia, la trasmissione di informazioni complementari allo Stato richiedente, in modo da consentirgli di fornire tempestivamente i pertinenti elementi di conoscenza in riferimento agli aspetti critici sopra segnalati e agli altri ritenuti rilevanti.

Al riguardo, la Corte di rinvio considererà che il divieto di pronuncia favorevole ove si abbia motivo di ritenere che l'estradando verrà sottoposto ad atti persecutori o discriminatori ovvero a pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti o comunque ad atti che configurano violazione di uno dei diritti fondamentali della persona, non opera qualora, pur in presenza di informazioni circa la violazione di tali diritti, le Autorità dello Stato richiedente offrano specifiche assicurazioni in ordine alla sottoposizione della persona richiesta in consegna ad un trattamento diverso da quello previsto nell'ordinario circuito penitenziario, tale da escludere radicalmente la possibilità di assoggettamento a maltrattamenti di qualsiasi natura (Sez. 6, n. 10965 del 11/02/2015, Rv. 262934).

Il Collegio ricorda infine che, in tema di estradizione verso l'estero, la valutazione compiuta dalla Corte d'Appello concerne esclusivamente la legale possibilità della estradizione passiva, esulando dalle sue attribuzioni ogni valutazione di opportunità, che rientra, invece, nell'esclusiva sfera di competenza dei Ministro della Giustizia, con la conseguenza che la verifica giudiziaria deve riguardare solo il pericolo concreto che la persona richiesta in consegna verrà sottoposta, in caso di sua estradizione, ad atti persecutori o discriminatori ovvero a pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti o comunque ad atti che configurano violazione di uno dei diritti fondamentali della persona (v., Sez. 6, n. 11941 del 04/03/2014, Rv. 259339).

Alla luce di quanto fin qui esposto si rende necessario, in conclusione, l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio degli atti alla Corte d'appello di Venezia perché, in coerente applicazione dei principi di diritto dettati dalle richiamate decisioni di legittimità, proceda ai necessari accertamenti e a nuovo giudizio sui punti e profili critici segnalati, anche con riferimento alle specifiche censure enunciate dal ricorrente, colmando - nella piena autonomia dei relativi apprezzamenti di merito - le indicate lacune e discrasie della motivazione.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d'Appello di Venezia per nuovo giudizio.