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Arresti domiciliari e casa in affitto: non serve consenso del padrone di casa (Cass. 1711/129)

15 gennaio 2019, Cassazione penale

In caso di appartamento in affitto, la titolarità del possesso del bene locato è in capo al conduttore, con conseguente sufficienza del suo assenso per poter collocare qualcuno in regime di arresti domiciliari: la quantità di persone presenti nell’abitazione appartiene ai rapporti fra locatore e locatario, e comunque riguarda una presenza stabile nell’abitazione, non quella occasionale e per un periodo da presumere circoscritto, quale interessa i destinatari della misura cautelare.

   
 

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 21 settembre 2018 – 15 gennaio 2019, n. 1711
Presidente Gallo – Relatore Mantovano

Ritenuto in fatto

Con ordinanza in data 08/10/2018 il Tribunale di Roma - sez. riesame confermava l’ordinanza con la quale il GIP dello stesso Tribunale in data 20/09/2018 aveva applicato nei confronti di Y.L. e di L.B. la misura cautelare della custodia in carcere per i reati, commessi a (…) in concorso con altri soggetti non identificati in data (omissis) , di sequestro di persona aggravato, estorsione, rapina aggravata e lesioni personali.
Propongono ricorso per cassazione entrambi gli indagati, deducendo i seguenti motivi:
- violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento ai gravi indizi di colpevolezza e alla valutazione egli stessi, non avendo il Tribunale tenuto conto delle dichiarazioni rese dall’indagato Y.L. ;
- violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al rischio di reiterazione, ritenuto quale unica esigenza cautelare dal Tribunale del riesame;
- violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla idoneità del domicilio disponibile ad accogliere i ricorrenti agli arresti domiciliari.

Considerato in diritto

Non può essere accolto il primo motivo di ricorso, poiché con motivazione esente da censure il Tribunale del riesame - che peraltro ha richiamato l’ordinanza del GIP, integrandosi reciprocamente i due provvedimenti - ha ricostruito i fatti partendo dalle dichiarazioni delle parti offese, riscontrandole con i referti del Pronto soccorso dell’Ospedale (…) (menzionato al fg. 4 dell’ordinanza del GIP) e con lo scambio dei messaggi intercorso fra Q. la L. e Y. (id.): che il Tribunale del riesame non abbia dato conto di quanto dichiarato da Y. nel suo interrogatorio, e della versione da lui fornita, è pertanto irrilevante, essendo la sostanza della versione medesima smentita dagli obiettivi dati di riscontro appena menzionati. Né l’attendibilità delle vittime appare compromessa dalla indicazione incompleta dalle parti offese del compendio delle estorsioni e delle rapine lamentata nel ricorso, poiché tali imprecisioni appaiono segno di genuinità della fonte di accusa.
Non merita accoglimento neanche il secondo motivo del ricorso che, a fronte dell’attestazione da parte del Tribunale dell’assenza di pericolo di fuga, ha ravvisato il rischio di reiterazione - con motivazione logica - nella violenza e nella professionalità criminale mostrata dai ricorrenti, che si sono resi protagonisti di una vera e propria spedizione punitiva, unitamente ad altri soggetti da loro coinvolti: modalità che rinviano a un tratto delinquenziale non occasionale, mirante a ottenere denaro nel modo più efficace possibile, pronto a usare la forza e l’intimidazione per superare ogni resistenza. Come più volte affermato da questa Corte di Cassazione (Sez. 2, sentenza n. 47891 del 07/09/2016 dep. 11/11/2016 Rv. 268366-01 imputato Vicini), con riferimento ai requisiti di concretezza e di attualità della misura cautelare, "in tema di esigenze cautelari, il pericolo di recidiva è attuale ogni qual volta sia possibile una prognosi in ordine alla ricaduta nel delitto che indichi la probabilità di devianze prossime all’epoca in cui viene applicata la misura, seppur non specificatamente individuate, né tantomeno imminenti, ovvero immediate; ne consegue che il relativo giudizio non richiede la previsione di una specifica occasione per delinquere, ma una valutazione prognostica fondata su elementi concreti, desunti sia dall’analisi della personalità dell’indagato (valutabile anche attraverso le modalità del fatto per cui si procede), sia dall’esame delle concrete condizioni di vita di quest’ultimo", come è avvenuto nel caso in esame. Peraltro la questione relativa alla necessità di individuare o meno la "specifica occasione" non è qui in discussione, poiché il pericolo che la condotta si ripeta è desumibile dalle descritte articolate e particolarmente vessatorie modalità di consumazione dei delitti contestati.
Va invece accolto il terzo motivo di ricorso, con conseguente annullamento e rinvio per un nuovo esame al Tribunale, poiché non appare corretta la motivazione in ordine al diniego della misura meno afflittiva degli arresti domiciliari. I Giudici del merito l’hanno esclusa, pur in presenza del consenso del connazionale A.Z. a ricevere i ricorrenti nella propria abitazione, perché l’assenso è stato prestato non già dal proprietario dell’immobile, bensì dal conduttore, e il contratto di locazione esclude che l’appartamento sia occupato da più di cinque persone (Y.L. e di L.B. farebbero oltrepassare tale limite). Premesso che nelle more è intervenuto pure il consenso del proprietario, va considerato che la titolarità del possesso del bene locato è in capo al conduttore, con conseguente sufficienza dell’assenso di costui: la quantità di persone presenti nell’abitazione appartiene ai rapporti fra locatore e locatario, e comunque riguarda una presenza stabile nell’abitazione, non quella occasionale e per un periodo da presumere circoscritto, quale interessa i destinatari della misura cautelare.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla ritenuta inadeguatezza degli arresti domiciliari e rinvia per nuovo esame, con integrale trasmissione degli atti, al Tribunale di Roma (Sezione per il riesame delle misure coercitive). Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.