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Alunno si ferisce al campo estivo: di chi la colpa? (Cass. 30602/18)

27 novembre 2018, Cassazione penale

In tema di responsabilità civile dei maestri e dei precettori, per superare la presunzione di responsabilità ex art. 2048 cod.civ., non è sufficiente la dimostrazione di aver esercitato la vigilanza sugli alunni nella misura dovuta ed il carattere imprevedibile e repentino dell'azione dannosa, qualora sia mancata l'adozione delle più elementari misure organizzative per mantenere la disciplina tra gli allievi.

L'imprevedibilità del fatto ha portata liberatoria solo nell'ipotesi in cui non sia stato possibile evitare l'evento nonostante l'approntamento di un sistema di vigilanza adeguato alle circostanze.

Il preposto alla sorveglianza, difatti, si può liberare della presunzione di colpa diretta e specifica su di esso gravante ex art. 2048 cod. civ. (di natura contrattuale), dimostrando in concreto, anche solo per presunzioni, che le lesioni sono state conseguenza di una sequenza causale di fatti ad esso non imputabili, e provando di avere adottato, rispetto a quella sequenza causale, in via preventiva e con valutazione ex ante, le misure organizzative e disciplinari idonee ad evitare prevedibili situazioni di pericolo favorevoli all'insorgere della serie di fatti sfociati nella produzione del danno.

Corte di Cassazione

sez. III Civile, ordinanza 5 luglio – 27 novembre 2018, n. 30602
Presidente Armano – Relatore Fiecconi

Rilevato in fatto

1. Con ricorso notificato il 12/09/2016, Mo. Ba. e Ma. La. impugnano la sentenza della Corte d'appello di Milano depositata il 7/06/2016, con la quale è stato rigettato l'appello avverso la sentenza del Tribunale di Milano, emessa ex art 281 sexies, con la quale, senza alcuna attività istruttoria, era stata respinta la domanda dei ricorrenti che avevano agito per conto del figlio minore, Ma. La., infortunatosi il 29 giugno 2001, all'età di 11 anni, durante la permanenza nel centro estivo comunale gestito dal Comune convenuto, affinché detto istituto rispondesse sia ex art.2051 cod. civ. per omessa custodia dei luoghi, sia per culpa in vigilando ex art. 2048 cod. civ..
2. La controversia riguarda un incidente occorso al minore Ma. La., dell'età di 11 anni il quale, mentre si trovava nel centro di ricreazione estivo allestito e gestito dal Comune di Corsico, era finito contro a una vetrata che, non essendo (in tesi) a norma, si era sfondata lasciando incastrata la gamba del piccolo che, nel tentare di estrarla, si era provocato una profonda lacerazione, con postumi permanenti giudicati del 6% da un CTU, nominato dalla Corte d'appello. La domanda era stata rigettata in primo grado perché era risultato incontroverso che la vetrata fosse in vetro temperato, da ritenersi all'epoca a norma, e sotto il profilo della dinamica del sinistro, non era stata fornita adeguata prova che il fatto fosse ascrivibile alla spinta di una compagna di scuola, indicata come causa dello sfondamento e, comunque, all'omessa vigilanza sul minore da parte del personale della struttura gestita dal Comune. La Corte di merito assumeva che al Comune non potesse ascriversi una condotta di negligenza nel sorvegliare un soggetto affetto da un disturbo di ipercinesi non dichiarato dai genitori al momento dell'iscrizione al campo estivo.
3. Il ricorso è affidato a sei motivi. Parte intimata ha notificato controricorso. Il Comune di Corsico ha resistito notificando controricorso.

Ritenuto in diritto

1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano più violazioni di norme, e in particolare degli artt. 2697,2048 e 2055 cod. civ. , e degli artt. 112,113 e 116 cod. proc. civ. ; e nullità della sentenza ex art. 324 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ. Lamentano che la Corte abbia errato a sostenere che, trattandosi di un edificio costruito nel 1974, non sussistesse un obbligo di adeguamento delle vetrate alla normativa di cui alla L 23/1996, in attuazione dell'art. 14, comma 1 lett i) L. 142/1990 e in conformità agli obblighi previsti dal D.Lgs. 81/2008.
1.1. Il motivo è inammissibile.
1.2. I ricorrenti enunciano che la Corte d'appello abbia fatto ricorso a una prova presuntiva in ordine alla presenza di vetri temperati, reiterando l'errore processuale del giudice di primo grado che ha ritenuto non contestata la circostanza che le vetrate in questione fossero di vetro temperato e non di tipo comune: pertanto denunciano un errore processuale per non avere tenuto in considerazione le istanze istruttorie, reiterate nel grado di appello.
1.3. Tale argomento in fatto non compare negli atti processuali dei ricorrenti, ove nell'appello si fa riferimento alla mancanza di vetri stratificati, senza alcun riferimento alla mancanza di vetri di tipo temperato dello spessore di 4 millimetri. La norma UNI 7697/2007 prevede che negli edifici da riadattare, come quelli di cui si discute, la cui costruzione risale agli anni 70, siano disposti vetri in sicurezza alternativamente di tipo stratificato o temperato. La normativa di riferimento non è stata dunque violata perché i vetri erano di tipo temperato.
1.4. Il motivo, dunque, non si confronta con la ratio decidendi che fonda il suo argomentare su presupposti di fatto e normativi diversi da quelli indicati nei motivi di appello.
2. Quanto sopra detto comporta l'assorbimento del secondo e terzo motivo attinente alla violazione degli artt. 2697, co.2 cod. civ. , e degli artt. 112, e 116 cod. proc. civ. ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ. , e degli artt. 324 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ. ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ., ove i ricorrenti deducono che il giudice di primo grado abbia erroneamente dato per provata la mancanza di vetri "a norma" e che sul punto si sarebbe formato un giudicato interno non tenuto in conto dalla Corte d'appello. Entrambi i motivi, in ogni caso, mancano di specificità in quanto non individuano gli atti processuali da cui dover desumere la formazione di un giudicato interno su tale questione, in violazione dell'art. 366 n. 3 e 6 cod. proc. civ..
3. Il quarto motivo riguarda la denuncia di violazione delle norme sulla culpa in vigilando ex artt. 2048 cod. civ. e 2055 cod. civ., riferita agli ausiliari della struttura alla quale era stato affidato il minore, ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ.; il quinto motivo riguarda la denuncia di nullità della sentenza con riferimento agli artt. 324 cod. proc. civ. e 2607 cod. civ., ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ., poiché sulla dinamica del sinistro, ritenuta come non contestata in primo grado (sfondamento della vetrata determinata da una spinta di una compagna di giochi), si sarebbe formato un giudicato interno. Il sesto motivo riguarda la violazione dell'art. 113, primo comma, cod. proc. civ. con riferimento all'art. 2048 cod. civ., laddove la Corte ha ritenuto inammissibile, ex art. 345 cod. proc. civ., la deduzione di una ricostruzione diversa della dinamica del sinistro, rilevando i ricorrenti che, anche dando per assunto che la dinamica fosse diversa, l'istituto convenuto non avrebbe dimostrato di avere adottato un'adeguata vigilanza. I motivi vanno trattati congiuntamente in quanto logicamente connessi.
3.1. Il quarto motivo e il sesto motivo sono fondati per quanto di ragione.
3.2. La Corte d'appello ha ritenuto che la dinamica del sinistro si fosse rivelata diversa da come descritta nell'atto di citazione, e che la dinamica reale (di semplice sfondamento della vetrata da parte del minore, senza l'intervento di una spinta di un compagno di giochi) "escludesse" in radice una responsabilità del Comune per culpa in vigilando, posto che nel primo grado il minore si era procurato le lesioni "da solo", estraendo la gamba dalla vetrata infranta, traendo argomenti anche dal fatto che il disturbo psichico (ipercinesi) da cui era affetto era stato colposamente taciuto dalla madre, in ciò ritenendo che si fosse determinata una rottura del nesso causale necessario tra vigilanza adeguata da esercitare sul minore ed evento occorso, rientrante nel caso fortuito.
3.3. La Corte territoriale non ha tuttavia considerato gli oneri probatori che incombono sulle parti, ove vige una presunzione di colpa specifica e diretta in capo al preposto alla sorveglianza, la quale implica una rigorosa dimostrazione di avere adottato ogni misura concreta idonea a prevenire e impedire l'evento dannoso.
3.4. In tema di responsabilità civile dei maestri e dei precettori, per superare la presunzione di responsabilità ex art. 2048 cod.civ., non è sufficiente la dimostrazione di aver esercitato la vigilanza sugli alunni nella misura dovuta ed il carattere imprevedibile e repentino dell'azione dannosa, qualora sia mancata l'adozione delle più elementari misure organizzative per mantenere la disciplina tra gli allievi (v. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 23202 del 13/11/2015, ove si è ritenuto che la Corte territoriale - in relazione al danno determinato dalla caduta a terra di uno studente di una scuola media inferiore, in conseguenza della contesa di una sedia con un compagno - avesse omesso di verificare l'approntamento, in via preventiva, di cautele idonee a scongiurare situazioni di pericolo in un caso nel quale gli alunni erano stati affidati al personale ausiliario nello svolgimento di attività extracurricolare). Ne deriva che l'imprevedibilità del fatto ha portata liberatoria solo nell'ipotesi in cui non sia stato possibile evitare l'evento nonostante l'approntamento di un sistema di vigilanza adeguato alle circostanze (v. anche Cass.Sez. 1, Sentenza n. 9337 del 09/05/2016; Cass. civ. 22 aprile 2009, n. 9542; Cass. civ. 18 aprile 2001, n. 5668; Cass. civ. 21 agosto 1997, n. 7821; Cass. civ. 24 febbraio 1997, n. 1683; Cass. civ. 22 gennaio 1990, n. 318).
3.5. Nella decisione in esame, invero, non si fa alcun cenno a un accertamento avvenuto in tale direzione, ma si dà solo rilevanza al fatto che la dinamica del sinistro, nella sua sequenza fattuale, è stata diversa da come inizialmente descritta, e alla circostanza che il minore si è fatto male da sé, dopo lo sfondamento della vetrata di vetro temperato (a norma), nel tentativo di liberare la gamba incastrata, con applicazione di criteri di valutazione delle condotte che prescindono dagli obblighi di vigilanza gravanti sull'ente addetto alla sorveglianza. Il preposto alla sorveglianza, difatti, si può liberare della presunzione di colpa diretta e specifica su di esso gravante ex art. 2048 cod. civ. (di natura contrattuale), dimostrando in concreto, anche solo per presunzioni, che le lesioni sono state conseguenza di una sequenza causale di fatti ad esso non imputabili, e provando di avere adottato, rispetto a quella sequenza causale, in via preventiva e con valutazione ex ante, le misure organizzative e disciplinari idonee ad evitare prevedibili situazioni di pericolo favorevoli all'insorgere della serie di fatti sfociati nella produzione del danno (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 3695 del 25/02/2016; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 3612 del 17/02/2014; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5067 del 03/03/2010; Cass.Sez. U, Sentenza n. 9346 del 27/06/2002).
3.6. Conclusivamente, il primo motivo va dichiarato inammissibile, con assorbimento del secondo e del terzo motivo. In accoglimento del quarto e sesto motivo, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d'appello di Milano affinché, in diversa composizione, decida anche in riferimento alle spese di questo giudizio, mentre il quinto motivo rimane assorbito dall'accoglimento del quarto e sesto motivo.

P.Q.M.

I. Dichiara inammissibili, il primo motivo, con assorbimento del secondo motivo;
II. In accoglimento del quarto e sesto motivo, assorbito il quinto motivo, cassa e rinvia alla Corte d'appello di Milano, affinché, in diversa composizione, decida anche in merito alle spese.