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Alcoltest dopo qualche ora: non basta per la condanna (Cass. 50973/17)

8 novembre 2017, Cassazione penale e Nicola Canestrini

Il decorso di un intervallo temporale tra la condotta di guida incriminata e l'esecuzione del test alcolimetrico è inevitabile e non incide sulla validità del rilevamento alcolemico; e tuttavia, il decorso di un intervallo temporale di alcune ore tra la condotta di guida incriminata e l'esecuzione del test alcolemico rende necessario verificare, ai fini della sussistenza del reato di guida in stto di ebbrezza, la presenza di altri elementi indiziari.

In tema di guida in stato di ebbrezza, in presenza di un accertamento strumentale del tasso alcolemico conforme alla previsione normativa, grava sull'imputato l'onere di dare dimostrazione di circostanze in grado di privare quell'accertamento di valenza dimostrativa della sussistenza del reato, fermo restando che non integra circostanza utile a tal fine il solo intervallo temporale intercorrente tra l'ultimo atto di guida e l'espletamento dell'accertamento.

Incidenza della cd.curva alcolimetrica: prescindendo dalla valutazione dei suoi fondamenti scientifici, non può essere predicata in astratto o sulla base di meri indici di "verosimiglianza", perché va puntualmente e concretamente dimostrato che il tasso esibito dalla misurazione strumentale eseguita a distanza di tempo non rappresenta la condizione organica del momento in cui si era ancora alla guida. Più in generale, precisano i Supremi Giudici, nella materia in riferimento non può essere accolta una prova a discarico basata soltanto su valutazioni teorico-scientifiche che costituiscono espressione della soggettiva dinamica metabolica della curva alcolemica rispetto al momento di assunzione della sostanza alcolica, tanto più in assenza di adeguati riferimenti al momento esatto di tale assunzione.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Sent., (ud. 05/07/2017) 08-11-2017, n. 50973

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IZZO Fausto - Presidente -

Dott. MENICHETTI Carla - Consigliere -

Dott. MONTAGNI Andrea - Consigliere -

Dott. BELLINI Ugo - Consigliere -

Dott. RANALDI Alessandro - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

D.A., nato il (OMISSIS) a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 13/04/2015 della CORTE APPELLO di VENEZIA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. RANALDI ALESSANDRO;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. TOCCI STEFANO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1. Con sentenza del 13.4.2015 la Corte di appello di Venezia, in riforma della sentenza assolutoria di primo grado, appellata dal PM, ha dichiarato D.A. colpevole del reato ex art. 186 C.d.S., condannandolo alla pena di Euro 2.300 di ammenda.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato lamentando, con unico articolato motivo, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 186 C.d.S..

Osserva che l'imputazione si fonda sull'accertamento del tasso alcolemico con due misurazioni eseguite a distanza di 1 ora e 17 minuti e 1 ora e 27 minuti dal momento della guida, con risultati rispettivamente di 0,88 g/l e 0,89 g/l. Nel giudizio di primo grado, svoltosi con rito abbreviato, veniva acquisita consulenza medico-legale di parte, dimostrante come all'atto del sinistro la concentrazione di alcool nel sangue non avesse superato il valore soglia di 0,8 g/l. Il Gip assolveva l'imputato, ritenendo sussistente il ragionevole dubbio che durante la guida del mezzo il ricorrente, pur avendo assunto bevande alcoliche, non avesse nel sangue una concentrazione alcolica superiore a 0,8 g/l.

La Corte di appello, accogliendo i rilievi della pubblica accusa, ha ritenuto che il dubbio del primo giudice non può essere consentito alla luce del quadro normativo vigente che, da un lato, non consente di leggere gli accertamenti alcoltest con la lente delle variabili soggettive delle tempistiche di assorbimento dell'alcool, dall'altro impone di riferire comunque al momento della conduzione del veicolo i risultati ottenuti con l'alcoltest, a meno che si dimostri un'assunzione intermedia.

Il ricorrente deduce la erroneità e genericità di tale ragionamento, che da una parte è in contrasto con i principi del libero convincimento e dell'assenza di prove legali, dall'altro non offre alcuna motivazione in ordine alla ritenuta irrilevanza della consulenza medico-legale di parte acquisita agli atti, senza mai confrontarsi con il caso specifico. Rileva che la consulenza di parte ha accertato che al momento della misurazione ci si trovava ancora in fase ascendente di assorbimento dell'alcool e, pertanto, andando a ritroso al momento della guida, il valore alcolemico era sicuramente inferiore e al di sotto del valore soglia di 0,8 g/l. Su tale aspetto la Corte di appello non si è confrontata, di qui la carenza di motivazione sul punto.

1. Il ricorso è infondato.

1.1. Questa Corte ha già avuto modo di affermare il principio per cui, in tema di guida in stato di ebbrezza, in presenza di un accertamento strumentale del tasso alcolemico conforme alla previsione normativa, grava sull'imputato l'onere di dare dimostrazione di circostanze in grado di privare quell'accertamento di valenza dimostrativa della sussistenza del reato, fermo restando che non integra circostanza utile a tal fine il solo intervallo temporale intercorrente tra l'ultimo atto di guida e l'espletamento dell'accertamento (Sez. 4, n. 24206 del 04/03/2015, Mongiardo, Rv. 26372501).

1.2. In proposito si è argomentato che il decorso di un intervallo temporale tra la condotta di guida incriminata e l'esecuzione del test alcolimetrico è inevitabile e non incide sulla validità del rilevamento alcolemico (Sez. 4, n. 13999 del 11/03/2014, Pittiani, Rv. 259694); e tuttavia, il decorso di un intervallo temporale di alcune ore tra la condotta di guida incriminata e l'esecuzione del test alcolemico rende necessario verificare, ai fini della sussunzione del fatto in una delle due ipotesi di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. b) e c), la presenza di altri elementi indiziari (Sez. 4, n. 47298 del 11/11/2014, Ciminari, Rv. 261573). Quest'ultima affermazione, peraltro, non va intesa come indicatrice di una sorta di aritmetica delle prove: come se, dato un accertamento strumentale a distanza di un tempo non breve dall'atto di guida (durata invero difficile da determinare una volta per tutte), fosse necessario aggiungere elementi indiziari per ottenere il risultato di "prova sufficiente" dell'accusa. Va infatti tenuto conto anche della distribuzione degli oneri probatori. Non v'è alcun dubbio che l'accusa sia tenuta a dare dimostrazione della avvenuta integrazione del reato, offrendo la prova di ciascuno e tutti gli elementi essenziali dell'illecito. Ma tale prova, per espressa indicazione normativa (e per radicata interpretazione giurisprudenziale), è già data dall'esito di un accertamento strumentale che replichi le cadenze e le modalità previste dal Codice della strada e dal relativo regolamento. La presenza di fattori in grado di compromettere la valenza dimostrativa di quell'accertamento non può che concretizzarsi ad opera dell'imputato, al quale compete di dare la dimostrazione dell'insussistenza dei presupposti del fatto tipico.

2. Nella indicata prospettiva va intesa la motivazione della sentenza impugnata, che, lungi dal porsi in contrasto con i principi del libero convincimento e dell'assenza di prove legali, ha semplicemente ribadito gli insegnamenti dianzi accennati in ordine alla impossibilità di fondare un giudizio di ragionevole dubbio in ordine alla configurabilità del reato di guida in stato di ebbrezza sul mero dato costituito dal lasso temporale (più o meno breve) decorso tra la conduzione del veicolo e l'effettuazione delle prove alcolimetriche.

3. A fronte della regolare esecuzione delle due prove mediante etilometro, la Corte territoriale, con motivazione logica e congrua, nonchè corretta in punto di diritto, e pertanto immune da vizi di legittimità, ha indicato gli elementi di prova a carico del prevenuto e, nel contempo, ha sostanzialmente contrastato, sia pure succintamente, le argomentazioni del consulente tecnico di parte, nella parte in cui ha opinato che i risultati dell'alcooltest non possono essere letti con la lente delle variabili soggettive nelle tempistiche d'assorbimento dell'alcool. Si tratta della nota problematica della incidenza della cd. curva alcolimetrica che, prescindendo dalla valutazione dei suoi fondamenti scientifici, non può essere predicata in astratto o sulla base di meri indici di "verosimiglianza", perchè va puntualmente e concretamente dimostrato che il tasso esibito dalla misurazione strumentale eseguita a distanza di tempo non rappresenta la condizione organica del momento in cui si era ancora alla guida.

Più in generale, nella materia in riferimento non può essere accolta una prova a discarico basata soltanto su valutazioni teorico-scientifiche che costituiscono espressione della soggettiva dinamica metabolica della curva alcolemica rispetto al momento di assunzione della sostanza alcolica, tanto più in assenza di adeguati riferimenti al momento esatto di tale assunzione.

4. Ne consegue che le censure articolate dal ricorrente non colgono nel segno, posto che la sentenza impugnata ha fatto corretto uso dei principi che informano la distribuzione dell'onere probatorio rispetto all'applicazione della disciplina di cui all'art. 186 cod. strada, fornendo adeguata risposta alle problematiche sottese al caso concreto sottoposto al suo esame.

5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2017