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Abuso di mezzi di correzione, basta anche un solo atto (Cass. 29661/22)

25 luglio 2022, Cassazione penale

Il reato di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina non ha natura di reato necessariamente abituale, sicché può essere integrato anche da un unico atto espressivo dell'abuso, ovvero da una serie di comportamenti lesivi dell'incolumità fisica e della serenità psichica del minore, che, mantenuti per un periodo di tempo apprezzabile e complessivamente considerati, realizzano l'evento, quale che sia l'intenzione correttiva o disciplinare del soggetto attivo.

La condotta abusante può, inoltre, consistere in qualsiasi comportamento dell'insegnante che umili, svaluti, denigri o violenti psicologicamente un alunno causandogli pericoli per la salute, atteso che, in ambito scolastico, il potere educativo o disciplinare deve sempre essere esercitato con mezzi consentiti e proporzionati alla gravità del comportamento deviante del minore, senza superare i limiti previsti dall'ordinamento o consistere in trattamenti afflittivi dell'altrui personalità.

Il reato di abuso dei mezzi di correzione presuppone, dunque, l'uso non appropriato di metodi o comportamenti correttivi, in via ordinaria consentiti, da cui consegua l'insorgenza di un pericolo di una malattia nel corpo o nella mente, con esclusione, dunque, dell'uso della violenza, quand'anche esercitata per fini correttivi o educativi.

 

Corte di Cassazione

sez. VI penale, ud. 20 maggio 2022 (dep. 25 luglio 2022), n. 29661
Presidente Calvanese -  Relatore Tripiccione

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Campobasso ha confermato la sentenza del Tribunale di Larino con la quale S.L. è stata condannata alla pena di mesi quattro di reclusione, nonché al risarcimento del danno in favore delle parti civili, per il reato di cui all'art. 571 c.p., così riqualificata l'originaria imputazione ai sensi dell'art. 572 c.p.

2. Propone ricorso per cassazione il difensore di fiducia di S.L. articolando tre motivi sulla base dei quali chiede l'annullamento della sentenza e l'assoluzione dell'imputata dal reato ascritto per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste.

Con il primo motivo deduce il vizio di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla valutazione delle prove a carico dell'imputata in quanto la sentenza impugnata, pur dando atto che non vi era prova che la teste L.M.M. avesse visto l'imputata strattonare il piccolo B.A., ha, comunque, ascritto alla S. tale condotta sulla base di un giudizio di verosimiglianza, peraltro incompatibile con le dichiarazioni di diverso tenore rese dai testi V., C., P., G., G. e F..

Con il secondo motivo deduce i vizi di violazione degli art. 192 c.p.p., commi 1 e 2 e art. 546 c.p.p., comma 1, e di motivazione per travisamento della prova, avendo la sentenza impugnata fondato la responsabilità dell'imputata sulla sola base di quanto visto dalla teste L.M.

Con il terzo motivo deduce i vizi di violazione degli artt. 268 c.p.p., comma 7, e 178, lett. c), e di motivazione in relazione alla inutilizzabilità patologica delle intercettazioni audiovisive di cui è stata omessa la trascrizione integrale e, pur essendo stati acquisiti agli atti alcuni "stralci", non si è provveduto ad assumere la testimonianza di tutti gli operatori di polizia giudiziaria che hanno proceduto alla loro trascrizione, essendo stato escusso il solo M.llo G.A.

Con il quarto motivo deduce la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione concernente l'elemento psicologico del reato la cui sussistenza è stata desunta dalle sole dichiarazioni della teste B. concernenti i disagi vissuti dai propri figli e nonostante questa abbia specificato che i bambini vivevano le medesime condizioni anche nella nuova scuola.

2.1 Il difensore della ricorrente ha depositato una memoria di replica con la quale ha ulteriormente illustrato i motivi dedotti insistendo, in particolare sulla inutilizzabilità delle intercettazioni ambientali per l'omesso esame di tutti gli operatori di polizia giudiziaria.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è inammissibile in quanto fondato su motivi, in parte di carattere confutativo e, comunque, manifestamente infondati.

1.1 Osserva preliminarmente il Collegio che la sentenza impugnata va considerata quale doppia conforme della decisione di primo grado, cosicché le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente, costituendo un unico corpo argomentativo. Ricorrono, infatti, nel caso in esame i parametri elaborati dalla giurisprudenza di legittimità ai fini della configurabilità della doppia conforme, posto che la sentenza impugnata, nell'esaminare la censure dell'appellante, ha adottato criteri di valutazione della prova omogenei a quelli adottati dal primo giudice ed operato frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza (Sez. 2, n. 37295 del 12/6/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595).

2. Ciò premesso, va, innanzitutto, esaminata la questione processuale posta con il terzo motivo di ricorso.

Il motivo è manifestamente infondato.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, dal Collegio pienamente condivisa e qui ribadita, il contenuto delle conversazioni intercettate può essere provato anche mediante deposizione testimoniale, non essendo necessaria la trascrizione delle registrazioni nelle forme della perizia, atteso che la prova è costituita dalla bobina o dalla cassetta, che l'art. 271 c.p.p., comma 1,  non richiama la previsione dell'art. 268 c.p.p., comma 7, tra le disposizioni la cui inosservanza determina l'inutilizzabilità e che la mancata trascrizione non è espressamente prevista nè come causa di nullità, nè è riconducibile alle ipotesi di nullità di ordine generale tipizzate dall'art. 178 c.p.p. (Sez. 3, n. 2507 del 28/10/2021, dep. 2022, Schiariti, Rv. 282696; Sez. 1, n. 41632 del 03/05/2019, Chan Wantong, Rv. 277139; Sez. 6, n. 25806 del 20/02/2014, Caia, Rv. 259675). Inoltre, contrariamente a quanto apoditticamente dedotto dalla ricorrente, in assenza di una diversa disposizione di legge, è sufficiente l'assunzione della testimonianza anche di uno o di alcuni degli operatori che hanno partecipato all'ascolto ed alla trascrizione delle intercettazioni.

3. Nel merito, gli altri motivi di ricorso sono inammissibili in quanto di carattere confutativo e volti a sollecitare una diversa lettura degli elementi probatori posti a fondamento della decisione impugnata, estranea al perimetro del giudizio di legittimità.

Secondo la costante ermeneusi di questa Corte, dal Collegio pienamente condivisa e ribadita, il reato di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina non ha natura di reato necessariamente abituale, sicché può essere integrato anche da un unico atto espressivo dell'abuso, ovvero da una serie di comportamenti lesivi dell'incolumità fisica e della serenità psichica del minore, che, mantenuti per un periodo di tempo apprezzabile e complessivamente considerati, realizzano l'evento, quale che sia l'intenzione correttiva o disciplinare del soggetto attivo (Sez. 6, n. 18289 del 16/02/2010, Rv. 247367; Sez. 6, n. 52542 del 27/09/2016, Rv. 268934).

La condotta abusante può, inoltre, consistere in qualsiasi comportamento dell'insegnante che umili, svaluti, denigri o violenti psicologicamente un alunno causandogli pericoli per la salute, atteso che, in ambito scolastico, il potere educativo o disciplinare deve sempre essere esercitato con mezzi consentiti e proporzionati alla gravità del comportamento deviante del minore, senza superare i limiti previsti dall'ordinamento o consistere in trattamenti afflittivi dell'altrui personalità (Sez. 5, n. 47543 del 16/07/2015, Rv. 265496; Sez. 6, n. 34492 del 14/06/2012, Rv. 253654).

Il reato di abuso dei mezzi di correzione presuppone, dunque, l'uso non appropriato di metodi o comportamenti correttivi, in via ordinaria consentiti, da cui consegua l'insorgenza di un pericolo di una malattia nel corpo o nella mente, con esclusione, dunque, dell'uso della violenza, quand'anche esercitata per fini correttivi o educativi (Sez. 6, n. 11777 del 21/01/2020, Rv. 278744).

Va, infine, ribadito che la nozione di malattia nella mente, il cui rischio di causazione implica la rilevanza penale della condotta, è più ampia di quella del fatto di lesione personale, estendendosi fino a comprendere ogni conseguenza rilevante sulla salute psichica del soggetto passivo, quali stato d'ansia, insonnia, depressione, disagio psicologico, disturbi del carattere ed alimentari (Sez. 6, n. 7969 del 22/01/2020, Rv. 278352; Sez. 6, n. 19850 del 13/04/2016, Rv. 267000; Sez. 6, n. 16491 del 07/02/2005, Rv. 231452).

3.1 La sentenza impugnata ha fatto buon governo di tali coordinate ermeneutiche e, con motivazione immune da vizi logici o giuridici, ha ricostruito la condotta abusante, considerandola integrata sulla base di quanto dichiarato dalla teste L.m.     , che ebbe modo di vedere l'imputata costringere G.A. a tenere la testa appoggiata sul banco. Ad ulteriore conferma della inadeguatezza dei metodi adottati in classe dalla ricorrente, è stata, inoltre, considerata la deposizione del M.llo G., che ha partecipato alla trascrizione delle intercettazioni ambientali ed ha riferito della quotidiana modalità comunicativa della ricorrente con i propri alunni, connotata da gesti violenti, come strattoni, spinte o lo schiacciamento della testa sul banco, oltre che da urla e da espressioni a volte anche offensive. La Corte territoriale ha, inoltre, considerato, quale ulteriore conferma dei metodi adottati in classe dalla ricorrente, i fotogrammi acquisiti al fascicolo per il dibattimento, descritti in modo particolareggiato dalla sentenza di primo grado e non oggetto di specifiche censure da parte della ricorrente.

Parimenti adeguata ed immune da vizi è la motivazione concernente il pericolo per la salute, quanto meno del minore G.A., desunto dalle dichiarazioni della madre che ha riferito di disturbi del comportamento, quali pianto continuo, incubi notturni e problemi di enuresi.

Altrettanto correttamente è stato, infine, ritenuto sufficiente, ai fini della configurabilità dell'elemento psicologico del reato, il solo dolo generico, non essendo richiesto dalla norma il fine specifico, ossia un fine particolare e ulteriore rispetto alla consapevole volontà di realizzare la condotta di abuso (Sez. 6, n. 18289 del 16/02/2010, Rv. 247368).

A fronte di tale articolata trama argomentativa, le censure della S. appaiono frutto di una lettura parcellizzata della sola deposizione testimoniale della teste L.m., prive di un adeguato confronto critico con l'analisi globale delle risultanze istruttorie considerate dalla sentenza impugnata e, soprattutto, volta a confutare la ricostruzione dei fatti contenuta nelle due sentenze di merito.

4. All'inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalle parti civili che si liquidano in misura corrispondente a quanto richiesto nella nota spese depositata. Inoltre, la ricorrente va condannata al pagamento della somma di Euro tremila da versare in favore della Cassa delle Ammende, non potendosi ritenere che la stessa abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. n. 186 del 2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Condanna, inoltre la imputata alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili G.D. e B.D., nella qualità di genitori del minore G.A., che liquida in complessivi Euro 2.626, oltre accessori di legge.