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La separazione dei coniugi: nozioni introduttive

23 aprile 2015, Nicola Canestrini

Che differenza c'è fra separazione legale e separazione di fatto? Cos'è il divorzio breve? Chi ha diritto di chiedere la separazione (consensuale o giudiziale)? Come si inizia la procedura? Cosa significa "addebito" e che conseguenze ha? Esiste ancora il reato di abbandono del tetto coniugale? Cos'è l'assegnazione della casa familiare?

Cominciamo col dire che il reato di "abbandono del tetto coniugale" è stato abrogato.

Ciononostante, lasciare la casa coniugale senza giusta causa prima dell'intervento del giudice può avere conseguenze importanti, sia per la perdita del diritto dell'assegnazione della casa coniugale in presenza di figli minori, che in termini di pronuncia di addebito della separazione; dal punto di vista penale, è punita la sottrazione agli obblighi di assistenza inerenti alla qualità di coniuge (art. 570 c.p.). 

Se invece la giusta causa c'è come ad es. in caso di violenza domestica (maltrattamenti, percosse, ingiurie, abusi, ..),  dopo aver fatto la  denuncia presso la polizia giudiziaria (Carabinieri, Polizia, ..) con il relativo referto ospedaliero (che non è peraltro indispensabile) ci si può temporaneamente allontanare da casa. Per evitare una condanna basta peralltro ci sia la intollerabilità della convivenza (come statuito da tempo dalla Cassazione penale).

I. Separazione legale

La separazione legale (sia essa consensuale o giudiziale) dei coniugi è regolamentata dal Codice Civile agli artt. 150 e ss., dal codice di procedura civile e da una serie di norme speciali.

La separazione legale incide su alcuni effetti propri del matrimonio, e precisamente sui rapporti personali e patrimoniali tra marito e moglie, e tra genitori e figli.

Sinteticamente, con la separazione legale (consensuale o giudiziale):

  • si scioglie la comunione legale dei beni,
  • cessano gli obblighi di fedeltà e di coabitazione,
  • permane il dovere di contribuire nell'interesse della famiglia,
  • sussiste il dovere di mantenimanto del coniuge più debole,
  • permane il dovere di mantenere, educare ed istruire la prole,
  • viene decisa l'assegnazione della casa familiare (cioè della casa dove la vita familiare si è svolta, non rilevando la proprietà dell'immobile),
  • si decide l'affidamento dei figli ed il loro mantenimento; per quanto riguada il rapporto dei figli della coppia in crisi con i nonni, si rimanda a "Diritto di visita dei nonni e nipoti. luci ed ombre".

La separazione legale (giudiziale o consensuale che sia) non pone fine al matrimonio, né fa venir meno lo status giuridico di coniuge (con conseguente divieto di contrarre nuove nozze e con permanenza dei diritti successori in capo al coniuge separato).

La separazione può essere dichiarata per cause oggettive, cioè indipendentemente dalla colpa di uno dei due coniugi, e ad istanza anche solo di uno dei coniugi.

La separazione ha carattere transitorio: è infatti possibile riconciliarsi, senza alcuna formalità, facendo cessare gli effetti prodotti dalla stessa (art. 154 c.c.), semplicemente riprendendo la coabitazione. Per rendere formale la riconciliazione, oltre all'accertamento giudiziario, è possibile per i coniugi recarsi al Comune di appartenenza per rilasciare un'apposita dichiarazione.

a) la separazione consensuale

La separazione è detta consensuale quando marito e moglie decidono di separarsi di comune accordo tra loro.

L'accordo tra i coniugi deve regolamentare:
- diritti patrimoniali, 
- mantenimento del coniuge debole, 
- diritti di visita e obblighi di mantenimento della prole
- assegnazione della casa coniugale.

Il controllo giudiziale sarà relativo (quasi) solo agli interessi della prole.

La separazione consensuale ha inizio con il deposito del ricorso, che fino a qualche anno fa poteva anche avvenire senza l'assistenza di un avvocato (ora invece obbligatorio): se il ricorso è presentato congiuntamente con l'assistenza di un unico legale per entrambi, i coniugi potranno dividere la parcella ma il legale non potrà difendere una sola delle parti qualora successivamente insorgano dissidi fra i coniugi.

All'udienza che sarà fissata dinanzi al Presidente del Tribunale (al massimo un paio di mesi per il Trentino Alto Adige), i coniugi devono comparire personalmente per il tentativo obbligatorio di conciliazione; se fallisce, e se gli accordi sono ritenuti equi e non pregiudizievoli per i coniugi e soprattutto per la prole, il tribunale dispone con decreto l'omologazione delle condizioni (decreto di omologa), così determinando di diritto la separazione. Gli accordi sono sempre rivedibili (con controllo giudiziale) in caso di mutamento della situazione di fatto; dall'udienza decorrerà il termine dei 3 anni per poter chiedere il divorzio.

a1) La dichiarazione resa all'Ufficiale di stato civile 

Con la conversione del decreto legge 12 settembre 2014, n. 132 è ora possibile chiedere la separazione consensuale, formulare richiesta congiunta di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio in assenza di figli minori o non autosufficienti innanzi all'ufficiale dello stato civile (senza necessità di avvocati e senza andare in tribunale).

I coniugi potranno infatti concludere, innanzi all'ufficiale dello stato civile del comune di residenza di uno di loro o del comune presso cui e' iscritto o trascritto l'atto di matrimonio, un accordo di separazione personale ovvero di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, nonche' di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.

La nuova disciplina - che ha il costo di poche decine di € - non si applica però:

  • in presenza di figli minori,
  • in caso di di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero
  • in caso di figli economicamente non autosufficienti.

L'ufficiale dello stato civile riceverà da ciascuna delle parti personalmente la dichiarazione e l'accordo non potrà contenere patti di trasferimento patrimoniale e terrà luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.

b) la separazione giudiziale

La separazione giudiziale presuppone che non vi sia accordo tra i coniugi e non può pertanto addivenirsi ad una separazione consensuale.

La separazione giudiziale può essere quindi richiesta anche da uno solo dei due coniugi.

In caso di separazione giudiziale è anche possibile richiedere l'addebito della separazione, cioè l'accertamento che vi sia stata la violazione degli obblighi che discendono dal matrimonio (fedeltà, coabitazione, cura della prole, etc.) da parte di uno dei coniugi e che questa violazione abbia determinato la cessazione del rapporto con conseguente esclusione del diritto di mantenimento del coniuge a cui la separazione viene addebitata.

La prima udienza del giudizio prevede la comparizione personale dei coniugi davanti al presidente del tribunale che in questa fase, tenterà di far trovare ai coniugi (se non l'amore perduto) l'accordo per trasformare la procedura giudiziale in una consensuale; è possibile che l'udienza venga a tal fine rinviata.

Se i coniugi non riescono a trovare un accordo, il Presidente adotterà i provvedimenti necessari ed urgenti a tutela del coniuge debole e dei bambini.

Successivamente il procedimento viene assegnato al cd. giudice istuttore e si svolge secondo le forme (e con i tempi) del rito ordinario ed il provvedimento emesso a conclusione ha la forma di sentenza.

Qualora si inizi una separazione giudiziale questa, anche in corso di causa, può essere trasformata in separazione consensuale.

Anche le condizioni stabilite in sede di separazione giudiziale potranno comunque essere modificate o revocate qualora intervengano fatti nuovi che mutano la situazione di uno dei coniugi o il rapporto con i figli.

Quali documenti servono?

Sia in caso di separazione consensuale che in caso di separazione giudiziale è necessario allegare al relativo ricorso i seguenti documenti:

1.Estratto per sunto dell'atto di matrimonio
2.Certificato di Stato Famiglia (di entrambi i coniugi se non sono più conviventi);
3.Certificato di residenza (di entrambi se non più conviventi)
4.Dichiarazione dei redditi degli utlimi due anni di entrambi i coniugi.

Al momento di richiedere in Comune i documenti di cui ai punti 1. 2. e 3. si faccia eventualmente presente che le servono per una separazione per evitare le spese (qualche decina di € in marca da bollo) .

I redditi del coniuge: redditi non dichiarati?

I redditi risultanti in causa sono la base sulla quale verrà calcolato l'assegno a favore del coniuge e/o dei minori (e determinato il versamento in via provvisoria nei provvedimenti "temporanei ed urgenti" a seguito dell'udienza presidenziale): più alto è il reddito del coniuge obbligato al mantenimento, più alto sarà l'assegno di mantenimento a favore del coingiute economicamente più debole e l'assegno di mantenimento per le spese cd. ordinarie a favore dei figli (cfr. approfondimento per la distinzione fra spese ordinarie e spese straordinarie).

Per quanto riguarda i redditi dei coniugi, è possibile contestare le somme indicate nella dichiarazione facendo per accertare il patrimonio del coniuge nel corso del procedimento (giudiziale).

L'unico obbligo specifico e` quello relativo alla allegazione, unitamente al deposito del ricorso e della memoria difensiva, delle ultime dichiarazioni dei redditi delle parti.

La parte che produce documentazione attinente i redditi percepiti da controparte non commette una violazione della privacy e ciò, proprio sul presupposto che la controparte e` tenuta nel primo atto difensivo a produrre tali dichiarazioni e soprattutto in virtù del fatto che non si tratta di dati coperti da privacy essendo ormai pacifico, anche a seguito della pronunzia del Consiglio di Stato del 21 settembre 2012, che il diritto di agire in giudizio prevale sul diritto alla privacy (cfr. anche per gli spunti che seguono, Matteo Santini, "Divorzio, il regime delle prove per accertare il patrimonio del coniuge", in Guida al Diritto, 19 aprile 2013).

Peraltro, molti Tribunali, nei provvedimenti di fissazione dell'udienza presidenziale, nelle separazioni, hanno deciso di inserire un "invito" alle parti a depositare una serie di documenti specifici comprovanti l'entità del patrimonio e i redditi (visure Pra contratti di leasing, estratti dei conti correnti bancari, contratti di locazione, contratti bancari, ecc) oppure di onerare le parti al deposito di una dichiarazione sostitutiva di atto notorio contenente ogni informazione relativa ai redditi e al patrimonio. Si tratta di una prassi molto diffusa che, però, non è contemplata da alcuna norma.

Se si sospetta l'esistenza di patrimoni occulti ( es. parte di patrimonio intestata in modo fittizio a terzi soggetti), dovrà essere la parte informata sulla situazione economica del coniuge e sullo stile di vita a fornire elementi concreti dai quali il giudice può desumere la necessità di far effettuare indaigni di polizia tributaria attraverso la Guardia di Finanza: è inammissibile una richiesta di parte volta a richiedere al giudice di disporre delle indagini a mezzo della Polizia Tributaria con finalità esclusivamente esplorative.

La parte, in ossequio ai principi sull'onere della prova, è tenuta a fornire al giudice una serie di elementi, eventualmente, anche solo di natura presuntiva, che possano indurre il giudice a ritenere necessario od opportuno un approfondimento istruttorio e a ritenere plausibile che le disponibilità e i redditi del soggetto, siano in realtà, superiori a quanto risultante dalla documentazione ufficiale.

Le indagini di Polizia Tributaria previste dalla normativa, in caso di giudizio di separazione, solo per la tutela della prole, possono, in realtà, essere effettuate anche ai fini della tutela del coniuge economicamente più debole. In particolare la Suprema Corte ha stabilito che, "anche in materia di separazione dei coniugi deve ritenersi applicabile in via analogica la norma dell'articolo 5 comma 9 della legge 898/1970, il quale prevede, in tema di riconoscimento e quantificazione dell'assegno divorzile, che in caso di contestazioni il Tribunale possa disporre indagini sui redditi e patrimoni dei coniugi e sul loro effettivo tenore di vita, avvalendosi, se del caso, anche della Polizia Tributaria.

Peraltro l'esercizio di tale potere rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che non è tenuto ad avvalersene ove ritenga compiutamente provata aliunde la situazione economica delle parti, ma ove non se ne avvalga non può rigettare le domande per mancata dimostrazione della situazione economica delle parti" (Cass. Civ. Sez. I, 17 Giugno 2009 n. 14081).

Ribadito che anche in questo caso non è possibile invocare alcuna "privacy", che legittimamente viene compressa in caso di necessità di giustizia, è opportuno ribadire che l'onere della prova è sempre a carico della parte: le indagini della Guardia di Finanza non possano sostituirsi all'attività di parte esonerandola, di fatto, dall'onere di provare i fatti e le circostanze sulle quali si fonda la domanda.

A tal proposito, ove la parte attraverso la propria attività di indagine non riesca a reperire informazioni sufficienti sui redditi e sulle sostanze della controparte potrà ricorrere a strumenti quali la richiesta di emissione di ordine di esibizione attraverso la quale il giudice potrà disporre tale ordine nei confronti della controparte o di terzi soggetti (es: il datore di lavoro, la banca presso la quale la parte detiene un conto corrente, ecc.).

Per saperne di piu' sulla disciplina fiscale delle detrazioni per carichi di famiglia in caso di separazione e divorzio segnaliamo un utile vademecum dell'Avv. Aurora Buccafusca (Altalex.it, aprile 2013). 

II. Separazione di fatto

Può accadere che i coniugi decidano di interrompere la convivenza senza formalità (senza quindi fare ricorso ad un giudice), ponendo in essere la cosiddetta separazione di fatto, (marito e moglie vivono insieme o in dimore diverse, ma ognuno si occupa del proprio destino, disinteressandosi dell'altro). La separazione di fatto non produce alcun effetto sul piano giuridico, né è sufficiente a far decorrere il termine di tre anni per addivenire al divorzio. Inoltre, sebbene la separazione di fatto non sia sanzionata da alcun provvedimento dell'autorità giudiziaria, l'allontanamento di uno dei due coniugi dall'abitazione familiare o l'instaurazione di relazioni extra-coniugali potrebbero essere motivo di addebito della separazione nel caso di separazione giudiziale.

 

III. Divorzio

Lo scioglimento del matrimonio (civile) o la cessazione degli effetti civili del matrimonio (religioso) può essere chiesto anche solo da uno dei coniugi (art. 3 L. 898/70) anche quando, dopo la celebrazione del matrimonio, sia stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi, ovvero è stata omologata la separazione consensuale ovvero è intervenuta separazione di fatto quando la separazione di fatto stessa è iniziata almeno due anni prima del 18.12.1970.

In tal caso (ma le cause di divorzio sono anche molte altre) per la proposizione della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio la separazione deve essersi protratta ininterrottamente da un certo periodo di tempo dalla avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al Presidente del Tribunale nella procedura di separazione personale anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale.

A seguito della approvazione definitiva del cd. "divorzio breve" nell'aprile 2015, il lasso di tempo che deve passare dalla separazione è il seguente:

(a) 12 mesi dall'avvenuta comparizione dei coniugi davanti al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale oppure

(b) 6 mesi nel caso di separazione consensuale (anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale).

La nuova normativa  si applica a tutte le separazioni a prescindere che la coppia abbia oppure no figli anche minori così superando (per fortuna) quella distinzione che pure era stata proposta e che avrebbe voluto consentire l'abbreviazione dei tempi soltanto per le coppie senza figli minori (che pure godono di un regime di maggior favore per effetto delle norme e introdotte dal d.l. 132/2014 e per effetto dell?interpretazione che di quelle norme ha dato il Ministero dell?Interno).

Ma la nuova legge interviene anche anticipando il momento dell'effettivo scioglimento della comunione dei beni tra i coniugi introducendo un nuovo comma all'art. 191 cod. civ. a tenore del quale «nel caso di separazione personale la comunione dei coniugi si scioglie nel momento in cui il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, ovvero dalla data di sottoscrizione del processo verbale di separazione consensuale dei coniugi dinanzi al presidente del tribunale». Per questo «l?ordinanza con la quale i coniugi sono autorizzati a vivere separati è comunicata all'ufficiale dello stato civile ai fini dell'annotazione dello scioglimento della comunione».

Quanto alla disciplina transitoria l'art. 3 della legge prevede che le nuove disposizioni si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge anche nei casi in cui il procedimento di separazione che ne costituisce il presupposto risulti ancora pendente alla medesima data. Naturalmente il nuovo termine per la proposizione della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio opererà anche laddove le parti si siano in precedenza avvalse delle nuove disposizioni in tema di negoziazione assistita o si siano rivolte all?ufficiale di stato civile come previsto dal d.l. 132/2014.

Per procedere con il divorzio, serve procurarsi:

  • copia del verbale d'udienza presidenziale;
  • copia della sentenza di separazione con dichiarazione di passaggio in giudicato;
  • atto di matrimonio rilasciato dal comune in cui il matrimonio è stato celebrato;
    - certificato di residenza;
  • stato di famiglia;
  • fotocopia delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi 2 anni (in caso di mancanza, autodichiarazione attestante il fatto di non aver presentato la dichiarazione nell'anno).

In ipotesi di divorzio giudiziale, il coniuge separato può proporre, tramite il proprio difensore, la domanda di divorzio tramite ricorso al Tribunale competente (secondo l'art. 4 legge divorzio).

Detta domanda sarà poi notificata all'altro coniuge, il quale dovrà comparire all'udienza fissata davanti al Presidente del Tribunale. La legge prevede che entrambi i coniugi debbano comparire personalmente alla suddetta udienza davanti al Presidente del Tribunale, affinchè quest'ultimo possa tentare di conciliarli.

Se la conciliazione non riesce o se il coniuge convenuto non compare, il Presidente emetterà i provvedimenti temporanei ed urgenti che reputa opportuni nell'interesse dei coniugi e nominerà il giudice istruttore davanti al quale proseguirà la causa (per eventuali obblighi patriminiali, ..).

A seguito della pronuncia di divorzio, vengono meno i diritti e gli obblighi discendenti dal matrimonio (artt. 51, 143, 149 c.c.), viene meno la comunione legale dei beni ai sensi dell'art. 191 c.c. (se già non è accaduto in sede di separazione), e viene meno la partecipazione dell'ex coniuge all'impresa familiare (art. 230 bis c.c.) e si perde il cognome del marito.