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Rifiuta alcoltest: non c'è reato (Cass. 42255/17)

16 settembre 2017, Cassazione penale e Nicola Canestrini

Non è punibile per speciale tenuità del fatto chi si rifiuta di sottoporsi ad alcoltest ma in concreto non ha recato pregiudizio effettivo alla circolazione e alla incolumità degli utenti della strada.

 

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 21 dicembre 2016 – 15 settembre 2017, n. 42255
Presidente Bianchini – Relatore Ciampi

Ritenuto in fatto

1. Con l’impugnata sentenza resa in data 12 luglio 2016, la Corte d’Appello di Milano ha confermato la sentenza del GIP del Tribunale di Varese in data 2 luglio 2015, appellata dall’imputato B.V. . Questi era stato tratto a giudizio e condannato alla pena ritenuta di giustizia (convertita ai sensi dell’art. 186 comma 9 bis C.d.S.) per essersi rifiutato di sottoporsi al test etilometrico (fatto accertato in (omissis) ).
2. Avverso tale decisione ricorre a mezzo del difensore di fiducia il B. , lamentando violazione di legge e vizio motivazionale quanto alla mancata applicazione dell’art. 131 bis c.p.

Considerato in diritto

4. In relazione alla richiesta di riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art.131 bis c.p., va preliminarmente rappresentato che l’istituto si presenta di immediata applicazione, anche ai giudizi pendenti in appello e dinanzi al giudice di legittimità, trattandosi di disposizione normativa di pregnante rilevanza sostanziale, anche per gli effetti di cui all’art.2 co. 4 c.p.. A tale proposito la giurisprudenza di questa Corte ha evidenziato che ai fini dell’accertamento dei presupposti applicativi, che attengono appunto alla non abitualità della condotta e alla modesta offensività della azione e degli effetti di essa come interpretati sulla base dell’art.133 c.p., il giudice di legittimità nel compiere una tale valutazione, non potrà che fondarsi su quanto emerso nel corso del giudizio di merito tenendo conto, in modo particolare, del richiamo all’eventuale espressione di giudizi che abbiano escluso la particolare tenuità del fatto (sez.III, 8.4.2015 n.15449; sez.IV 17.4.2015 n.22381; da ultimo S.U. 25.2.2016 Tushaj, rv 266590). Nel caso in specie la richiesta di applicazione dell’istituto è stata formulata per la prima volta dinanzi al giudizio di appello il quale ha rigettato la richiesta richiamando la ratio perseguita dal legislatore che non rende minimale la violazione ascritta al B. .
5. La motivazione resa dal giudice di appello è chiaramente insufficiente in quanto basata su una presunzione di pericolosità in astratto del comportamento contestato, senza alcun riferimento al caso concreto.

Il giudice di legittimità ha escluso la ricorrenza di una siffatta presunzione, in ipotesi di rifiuto di sottoposizione agli accertamenti alcolimetrici ma, al contrario ha riconosciuto la compatibilità del nuovo istituto con la condotta passiva di rifiuto, sul presupposto che, una volta accertata la situazione pericolosa e dunque l’offesa, resta pure sempre uno spazio per apprezzare in concreto, alla stregua della manifestazione del reato, ed al solo fine della gravità dell’illecito, quale sia lo sfondo fattuale in cui la condotta si iscrive e quale sia,in conseguenza il possibile impatto pregiudizievole per il bene tutelato (sez.U, 25.2.2016, Tushaj, Rv. 266595). Il giudizio espresso dal giudice territoriale risulta pertanto del tutto privo di qualsiasi concreta ed effettiva verifica del quadro complessivo in cui si è manifestata la condotta antidoverosa, sia in relazione alle modalità della condotta, sia in relazione alla gravità del pericolo alla circolazione e alla integrità personale degli utenti della strada che dal fatto è derivato (cfr. sez.IV, 4.7.2014 M.G.M. N. n.35965 non massimata) con eventuali danni a cose o a persone.

A tale proposito il giudice, nell’applicazione dell’istituto avrebbe dovuto procedere ad una valutazione dei fatti come emergenti dalla decisione di primo grado, con particolare riferimento alle specifiche valutazioni espresse in sentenza dal giudice di merito in ordine alla offensività della condotta, sia trarre elementi di valutazione dalla misura della pena applicata, qualora modulata in termini minimi edittali (sez.IV, 1.7.2015, Pasolini, Rv. 264357).

La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata sul punto ma tenuto conto degli elementi che sono emersi dall’esame delle decisioni di merito è possibile pervenire ad una declaratoria di non punibilità ai sensi dell’art.131 bis cod.pen. facendo applicazione delle regole proprie dell’art. 624 lett. I) cod.proc.pen. in accordo con l’insegnamento della richiamata sentenza a sezioni Unite, anche se articolato in relazione a richiesta di applicazione del nuovo istituto di cui all’art.131 bis cod.pen. dopo la pronuncia della sentenza di secondo grado (Tushaj cit. Rv. 266594).

Invero ricorrono i presupposti per interpretare la condotta del conducente in termini di minore riprovevolezza del fatto, se solo si considera che al B. fu consentito di proseguire sino a casa alla guida dell’autovettura. A sostegno della particolare tenuità del fatto reato militano la età del prevenuto, la sua incensuratezza e la circostanza che, a prescindere dalla condotta scarsamente collaborativa tenuta dal prevenuto, nessun effettivo pregiudizio alla circolazione e alla incolumità degli utenti della strada risulta essersi verificato prima dell’intervento delle forze dell’ordine. Sotto diverso profilo va evidenziato che la pena edittale applicata da giudice di primo grado è stata contenuta nei limiti minimi edittali e quindi risulta compatibile con una valutazione di merito espressa in ordine ad un minimo disvalore penale della condotta.
6. In conclusione va disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza del giudice territoriale con declaratoria di non punibilità del B. per la particolare tenuità della condotta.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è punibile ai sensi dell’art. 131 bis c.p.