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La speranza dell'altrui morte non è reato (Cass. pen., 41190/14)

3 ottobre 2014, Cassazione penale

Desiderare la morte altrui non sta necessariamente a significare che si intenda offenderne l'onore e il decoro, non potendo quindi costituire ingiuria, nè - in quanto speranza - costituisce minaccia.

 

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 10 luglio ? 3 ottobre 2014, n. 41190
Presidente Dubolino ? Relatore Fumo

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza di cui in epigrafe, il tribunale di Cassino, in funzione di giudice di appello, ha confermato la pronuncia di primo grado con la quale Z.V. e D.S.G. furono condannati a pena di giustizia, in quanto ritenuti colpevoli dei delitti di ingiuria e minaccia nei confronti di T.A. Gli stessi furono anche condannati al risarcimento del danno.
2. Ricorre per cassazione il difensore degli imputati e deduce mancanza e manifesta illogicità della motivazione atteso che i fatti contestati non sono avvenuti il 4 giugno, ma il 4 maggio dei 2006 e che essi sono scaturiti da una condotta illegittima del T. e degli altri coltivatori, i quali si opponevano alla esecuzione di un provvedimento giudiziario emesso in favore della madre della D.S.. Neanche che vi è prova del fatto che le frasi siano state pronunciate, in quanto i testi, diversi dalla persona offesa, si erano ormai allontanati dal luogo nel quale, asseritamente, erano avvenuti i fatti.
3. Con altra censura, i ricorrenti deducono l'insussistenza del reato di cui all'articolo 594 cp per mancanza dell'elemento soggettivo, atteso che le espressioni pronunciate non avevano contenuto di disprezzo e di lesione dell'onore e del decoro delle persone costituitesi parte civile. D'altra parte, l'evoluzione del linguaggio ha privato della loro carica offensiva molte parole.
4. Con la terza censura, si deduce violazione dell'articolo 62 bis cp per non avere i giudici di merito chiarito le ragioni per cui sono state negate le attenuanti generiche.
5. Con l'ultima censura, si deduce la eccessività della pena in violazione dell'articolo 133 cp.

Considerato in diritto

1. Secondo quanto si legge nel capo d'imputazione, Z. avrebbe proferito la seguente frase rivolta al T.: "ogni volta che vedo la tua macchina ripartire per Roma la domenica sera, il giorno dopo compro il giornale, sperando di leggere della tua morte in uno di quegli spaventosi incidenti sull'autostrada che commentano nei telegiornali... Spero di incontrarti uno di questi giorni disteso e morente lungo la strada... Ti prometto che non mi fermerò mai per aiutarti a soccorrerti". D.S., per parte sua, sempre indirizzandosi al T., avrebbe detto: "ogni anno qualcuno mi fa sapere che la tua salute peggiora molto e sempre di più, tanto che stai lì lì per crepare, però questa bella notizia non arriva mai".
2. Tanto premesso, mentre la prima censura è incomprensibile (e dunque inammissibile per genericità), non essendo chiaro quale incidenza possano avere sul decisum dei giudicanti di primo e secondo grado le argomentazioni in essa contenute, la seconda censura è, nella sostanza e al di là della sua formulazione, fondata. Invero non è l'elemento psicologico quello che manca nel delitto di ingiuria contestato agli imputati, ma addirittura l'elemento materiale. Augurarsi la morte di un'altra persona è certamente manifestazione di astio, forse di odio, nei confronti della stessa persona, ma poiché il precetto evangelico di amare il prossimo come se stessi non ha sanzione penale, la sua violazione è, appunto, penalmente irrilevante. Meno che mai costituisce ingiuria, perché desiderare la morte altrui non sta necessariamente a significare che si intenda offenderne l'onore e il decoro (e che di fatto li si offenda).
2.1. Quanto al delitto di minaccia, è noto che il male ingiusto e futuro che si prospetta alla persona offesa deve essere rappresentato come conseguente ad un'azione dell'offensore.
Nel caso di specie, il fatto che Z. si sia augurato la morte di T. in un incidente stradale e che D.S. l'abbia prevista quale imminente conseguenza dell'aggravarsi delle sue condizioni di salute, rappresentano certamente manifestazioni di scarso affetto nei confronti del T. stesso e, se si vuole, di evidente mancanza di fair play tra avversari processuali (a quanto si apprende, la famiglia degli imputati era in lite giudiziaria con il T.), ma né Z., né D.S., a stare al capo di imputazione, hanno manifestato l'intenzione di fare alcunché per determinare, anticipare o propiziare la morte del T.. In particolare, Z. non ha "promesso" al T. che si sarebbe attivato per provocare incidenti automobilistici, ma si è augurato che ciò accada casualmente ad opera di terzi (sconosciuti) ed ha chiarito che egli, se avesse visto steso per terra il T., non l'avrebbe soccorso, con ciò, al più, preannunciando che si sarebbe reso responsabile di un futuro ed eventuale reato (CdS art. 189, cp art. 593). D.S. ha formulato una "previsione" (e una speranza), certo con animo malevolo, ma di assoluta irrilevanza penale.
3. Conclusivamente la sentenza impugnata va annullata senza rinvio per insussistenza del fatto.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.