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Estradizione e MAE: inammissibile ricorso personale in Cassazione (Cass. 42062/17)

15 settembre 2017, Cassazione penale e Nicola Canestrini

La legge 103/2017 che impone l'assistenza di un avvocato cassazionista per i ricorsi in Cassazione contro sentenza di merito, deve (tacitamente) riferirsi a tutte le ulteriori ipotesi, codicistiche ed extracodicistiche, di ricorso per cassazione proponibile dall'imputato o da altri soggetti processuali e, pertanto, anche al ricorso presentato avverso le decisioni in materia di consegna ai sensi della L. n. 69 del 2005, come anche per i ricorsi in materia di estradizione (art. 719 c.p.p.), di misure cautelari personali e reali (art. 311 c.p.p.), di misure di prevenzione, di esecuzione penale, di sorveglianza e via discorrendo.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE VI PENALE

udienza 13/09/2017, sentenza  15-09-2017, n. 42062

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAOLONI Giacomo - Presidente -

Dott. GIANESINI Maurizio - Consigliere -

Dott. COSTANZO Angelo - Consigliere -

Dott. CORBO Antonio - Consigliere -

Dott. D'ARCANGELO Fabrizio - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

L.S., nato a (OMISSIS) il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 14/08/2017 della Corte di appello di Milano;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. D'ARCANGELO Fabrizio;

udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona dell'Avvocato Generale Dott. ROSSI Agnello, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo

1. Con la sentenza impugnata, emessa in data 14 agosto 2017, la Corte d'appello di Milano ha disposto la consegna all'autorità giudiziaria tedesca di L.S., in virtù del mandato di arresto europeo processuale, emesso a suo carico in data 10 maggio 2017 dalla Pretura di Landshut, per il reato di "contributo all'evasione fiscale" (art. 370 c.p. tedesco, comma 1, nn. 1 e 3), commesso tra il (OMISSIS), "per un totale di quattordici casi" a (OMISSIS).

La Corte di appello di Milano, ai sensi della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 19, comma 1, lett. c), ha, peraltro, subordinato la consegna alla condizione che il L., dopo essere ascoltato, sia rinviato in Italia per scontarvi la pena o la misura di sicurezza privativa della libertà personale eventualmente pronunciata nei suoi confronti dallo Stato tedesco.

2. Il L. personalmente ricorre per cassazione avverso tale sentenza e deduce la questione di legittimità costituzionale della L. 23 giugno 2017, n. 103, nella parte in cui ha soppresso l'art. 613 c.p.p., comma 1, e, segnatamente, l'inciso "salvo che la parte non vi provveda personalmente"; in subordine, chiede il ricorrente di annullare la sentenza impugnata con ogni conseguenziale statuizione di legge.

3. Con il primo motivo il ricorrente deduce la illegittimità costituzionale dell'art. 613 c.p.p., in riferimento all'art. 111 Cost. ed all'art. 13 CEDU; la novella legislativa viola, infatti, il diritto, costituzionalmente sancito, dell'imputato alla autodifesa mediante la proposizione personale del ricorso per cassazione.

L'art. 111 Cost., del resto, prevede la possibilità di ricorrere "sempre" in cassazione "contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale".

4. Con il secondo motivo si duole della violazione di legge in riferimento alla L. n. 69 del 2005, artt. 17 e 18; deduce, infatti, il ricorrente di avere in Italia il centro dei propri interessi familiari e lavorativi e, quindi, da un lato era insussistente il pericolo di fuga prospettato dall'autorità giudiziaria tedesca e, dall'altro, la consegna disposta lo avrebbe costretto a star lontano dalla propria famiglia per tutto il tempo del processo in Germania.
Motivi della decisione

1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

2. Nel verificare la ammissibilità del ricorso occorre preliminarmente delibare la eccezione di legittimità costituzionale dell'art. 613 c.p.p., nella formulazione introdotta dalla L. n. 103 del 2017, sollevata dal ricorrente per asserita violazione dell'art. 13 CEDU e dell'art. 111 Cost., comma 7, nella parte in cui non consente personalmente la proposizione del ricorso in cassazione.

3. Trova, infatti, integrale applicazione nel caso di specie, ed il ricorrente concorda sul punto, la nuova disciplina, essendo stata la sentenza impugnata adottata in data successiva, il 14 agosto 2017, a quella, 3 agosto 2017, dell'entrata in vigore della predetta legge di riforma.

4. La L. n. 103 del 2017, art. 1, comma 54, nel corpo dell'art. 571 c.p.p., comma 1, che disciplina la impugnazione dell'imputato, ha anteposto alla previsione secondo la quale "l'imputato può proporre impugnazione personalmente o per mezzo di procuratore speciale..." la clausola di esclusione "Salvo quanto previsto per il ricorso per cassazione dall'art. 613 c.p.p., comma 1".

Il comma 55 del medesimo articolo ha, inoltre, soppresso nell'incipit dell'art. 613 c.p.p., comma 1, che preclude la sottoscrizione del ricorso ai difensori non iscritti nell'albo speciale della Corte di cassazione, le parole: "Salvo che la parte non vi provveda personalmente,".

Attraverso tale duplice incisione del dato normativo previgente il legislatore della riforma ha, pertanto, inteso inequivocabilmente escludere la possibilità per l'imputato di presentare ricorso per cassazione personalmente, attribuendo il monopolio della redazione dell'atto di ricorso, delle memorie e dei motivi nuovi ai difensori iscritti nell'albo speciale della Corte di cassazione.

Permane, invece, per le impugnazioni diverse dal ricorso per cassazione, la legittimazione personale dell'imputato alla presentazione delle stesse, contemplata dal testo, immutato sul punto, dell'art. 571 c.p.p..

5. Dalla lettura della relazione illustrativa al disegno di legge e degli atti del dibattito parlamentare emerge nitidamente come tale intervento di riforma sia volto ad evitare la proposizione di ricorsi in cassazione vocati, di frequente, alla declaratoria di inammissibilità per carenza dei necessari requisiti di forma e di contenuto, in ragione della obiettiva incapacità del ricorrente di individuare i vizi di legittimità del provvedimento impugnato in un giudizio connotato da spiccato tecnicismo.

Nei lavori preparatori è emersa, peraltro, anche la concorrente intenzione di evitare che la previsione che consente il ricorso personale in cassazione possa essere strumentalizzata per eludere il contenuto precettivo dell'art. 613 c.p.p., comma 1, mediante la predisposizione da parte di difensore non abilitato al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori del ricorso e la sottoscrizione del medesimo da parte dell'imputato.

A causa dell'elevatissimo e crescente numero dei ricorsi incardinati ogni anno, il legislatore della riforma ha, pertanto, ritenuto di garantire maggiore efficacia ed efficienza al controllo di legittimità ed alla funzione nomofilattica attribuita alla Corte di Cassazione, riducendo il numero delle sopravvenienze destinate a, quasi certa, declaratoria di inammissibilità perchè prive dei prescritti requisiti.

Esplicite finalità di "razionalizzazione, deflazione ed efficacia delle procedure" nelle norme dedicate alle impugnazioni nel disegno di legge di seguito approvato e trasfuso nella L. n. 103 del 2017 sono, peraltro, state ravvisate anche delle Sezioni Unite nella pronuncia che ha affermato il canone di specificità dei motivi di appello (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, Galtelli, Rv. 268822), di seguito recepito dal predetto testo normativo e trasfuso nel vigente art. 581 c.p.p..

6. Rilevante è, pertanto, ai sensi della L. n. 87 del 1953, art. 3, la questione di costituzionalità proposta dal ricorrente, non potendo il presente giudizio essere definito indipendentemente dalla delibazione della stessa.

La L. n. 69 del 2005, art. 22, invero, sull'esempio di quanto previsto dall'art. 706 c.p.p., contempla espressamente la legittimazione della "persona interessata", espressione mutuata dall'art. 719 c.p.p. in materia di estradizione, a presentare personalmente ricorso per cassazione contro i provvedimenti che decidono sulla consegna.

Ritiene, tuttavia, il Collegio che tale previsione, al pari di tutte le altre dello stesso tenore letterale, sia stata abrogata, ancorchè tacitamente, per la incompatibilità del suo contenuto precettivo, con il principio derivante dalle previsioni attuali dell'art. 613 c.p.p., comma 1, e art. 571 c.p.p., comma 1.

6.1. Nella formulazione previgente l'art. 613 c.p.p. era, infatti, considerato, secondo una interpretazione consolidata, come norma meramente ricognitiva della facoltà di proposizione personale dell'impugnazione, che l'art. 571 c.p.p., comma 1, attribuiva al solo imputato (Sez. U, n. 19 del 21 giugno 2000, Adragna, Rv. 21636; Sez. U, n. 34535 del 27 giugno 2001, Petrantoni, Rv. 219613; Sez. 5, n. 37418, Penna); pertanto, configurandosi tale norma, quale deroga alla regola generale della rappresentanza tecnica, non poteva operare nei confronti di soggetti processuali che, diversi dall'imputato, non risultassero nella stessa contemplati (Sez. U, n. 24 del 16/12/1998, Messina, Rv. 212077; Sez. U, n. 47473, del 27/09/2007, Lo Mauro, Rv. 237854, entrambe rese con riferimento alla ritenuta insussistenza della legittimazione personale a ricorrere per cassazione della persona offesa dal reato).

Nel contesto della disciplina attuale, invece, l'art. 613 c.p.p., in ragione del novativo inciso inserito nella disposizione dell'art. 571 c.p.p., comma 1, muta radicalmente la propria funzione. Questa diviene costitutiva e l'art. 613 c.p.p. assurge a norma di esclusione, espressa e generalizzata, della sottoscrizione personale del ricorso per cassazione per l'imputato ed i soggetti al medesimo legislativamente equiparati.

In termini innovativi, la norma in esame esclude, dunque, qualsiasi deroga alla regola generale della rappresentanza tecnica da parte di un difensore abilitato.

I soggetti titolari del diritto di impugnazione, nel mutato contesto normativo, non sono legittimati a sottoscrivere personalmente il ricorso per cassazione, ma, a pena di inammissibilità, devono esercitare il relativo ius postulandi esclusivamente per il tramite di un difensore iscritto nell'albo speciale, munito di specifico mandato, sul modello di quanto già previsto nel processo civile di legittimità.

La valenza universale conferita dal legislatore al principio della rappresentanza tecnica nel giudizio di legittimità, mediante la modifica della disciplina generale per la proposizione del ricorso per cassazione in materia penale, induce, pertanto, a ritenere che lo stesso debba essere ritenuto operante anche con riferimento a tutte le ulteriori ipotesi, codicistiche ed extracodicistiche, di ricorso per cassazione proponibile dall'imputato o da altri soggetti processuali e, pertanto, anche al ricorso presentato avverso le decisioni in materia di consegna ai sensi della L. n. 69 del 2005, art. 22, "dall'interessato".

Lo stesso è a dirsi, quindi, per i ricorsi in materia di estradizione (art. 719 c.p.p.), di misure cautelari personali e reali (art. 311 c.p.p.), di misure di prevenzione, di esecuzione penale, di sorveglianza e via discorrendo.

6.2. Pur nel silenzio della legge, la dottrina e la giurisprudenza di legittimità sono, del resto, unanimi nel ritenere che la previsione della L. n. 69 del 2005, art. 22 per il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti che decidono sulla consegna debba essere integrata mediante il rinvio alla disciplina generale del giudizio di legittimità (si pensi, a titolo meramente, esemplificativo alle pronunce: Sez. 6, n. 45254 del 22/11/2005, Calabrese, Rv. 232634, in ordine alla ammissibilità della presentazione di motivi nuovi; Sez. F, n. 35000 del 19/09/2007, Hrita, Rv. 237341, in materia di avvisi; Sez. 6, n. 47071 del 4/12/2009, Lefter, Rv. 245456, in ordine all'applicabilità dell'art. 609 c.p.p.; Sez. 6, n. 46297 del 11/12/2008, Capucci, Rv. 242007, in tema di interesse a ricorrere).

Non vi sono, del resto, plausibili ragioni, sotto il profilo funzionale, per ritenere che il ricorso formulato ai sensi della L. n. 69 del 2005, art. 22 debba essere escluso dall'ambito applicativo e, segnatamente, dai peculiari requisiti di legittimazione attualmente postulati, in via generale, dall'art. 613 c.p.p. per la presentazione del ricorso in cassazione.

Tale norma, infatti, è posta a garanzia di un razionale ed equilibrato esercizio della funzione di nomofilachia riservata alla Corte di Cassazione dalla Costituzione e dall'art. 65 Ord. Giud., mediante la selezione delle capacità tecniche dei soggetti legittimati alla presentazione della impugnazione.

La medesima ratio ricorre, peraltro, anche con riferimento al ricorso in cassazione contro i provvedimenti che decidono la consegna nella trama della disciplina del mandato di arresto europeo.

6.3. La L. n. 69 del 2005, art. 22 nella parte in cui attribuisce la legittimazione al ricorso personale del soggetto "interessato", peraltro, non gode di uno statuto sovraordinato rispetto alla legislazione ordinaria e, pertanto, è suscettivo di essere implicitamente abrogato da una norma di legge posteriore che si riveli incompatibile con lo stesso.

La Decisione Quadro del Consiglio dell'Unione Europea del 13 giugno 2002 relativa al mandato d'arresto europeo ed alle procedure di consegna tra Stati Membri (2002/584/GAI), infatti, non contempla alcuna previsione espressa in ordine all'esercizio del diritto di autodifesa innanzi alla Corte di ultima istanza nella procedura del mandato di arresto europeo e, pertanto, nessun vincolo alla discrezionalità del legislatore ordinario, derivante dal diritto eurounitario, è ravvisabile sul punto.

Il legislatore italiano, del resto, nel delineare la disciplina del mandato di arresto europeo con la L. n. 69 del 2005, ha rivisitato integralmente la materia, interpretando in senso estensivo gli ambiti di discrezionalità che la Decisione Quadro, vincolante, ai sensi del testo previgente dell'art. 34, paragrafo secondo, del Trattato sull'Unione Europea, per gli Stati membri "quanto al risultato da ottenere", ma non già nella scelta delle "forme" e dei "mezzi", aveva riservato ai legislatori nazionali.

La previsione del sindacato della corte di cassazione esteso anche "al merito", nella ipotesi delineata dalla L. n. 69 del 2005, art. 22, non vale, del resto, a mutare i tratti strutturali di tale giudizio, che è incardinato, trattato e deciso nelle forme proprie del giudizio di legittimità e celebrato innanzi alla Corte di Cassazione.

Il ricorso per cassazione contro la sentenza con la quale è disposta la consegna allo Stato che ha emesso il mandato di arresto europeo è, infatti, soggetto alla disciplina che caratterizza il ricorso come "impugnazione" e non come "gravame di merito" (ex plurimis: Sez. 6, n. 48125 del 29/11/2013, Iordache, Rv. 258171; Sez. 6, n. 19597 del 22/05/2012, Kuka, Rv. 252511; Sez. 6, n. 41764 del 29/10/2009, Husa, Rv. 245114).

La previsione del ricorso per cassazione "anche per il merito" attribuisce, inoltre, alla Corte di cassazione la possibilità di verificare gli apprezzamenti di fatto operati dal giudice della consegna, ma non le conferisce poteri di tipo sostitutivo o integrativo, e tanto meno istruttorio, a fronte di carenze documentali ed informative su aspetti determinanti ai fini della consegna e della giurisdizione dello Stato italiano (Sez. 6, n. 19597 del 22/05/2012, Kuca, Rv. 252511, che ha annullato con rinvio la decisione impugnata, ritenendo necessaria un'attività di accertamento oggetto di una richiesta di informazione integrativa ai sensi dell'art. 16 legge n. 69 del 2005; cfr., sostanzialmente negli stessi termini, Sez. 6, n. 31974 del 18/07/2013, Toccoli, Rv. 256585; Sez. 6, n. 40711 del 30/09/2013, Ozan, Rv. 257022; Sez. 6, n. 41910 del 07/10/2013, Bobiti, Rv. 257023; Sez. 6, n. 48125 del 29/11/2013, Iordache, Rv. 258171, con riferimento alle carenze istruttorie relative ad aspetti determinanti ai fini del giudizio cautelare).

Non vi sono, pertanto, ragioni, nè di ordine funzionale, nè strutturale, che possano indurre ad assimilare il ricorso presentato ai sensi della L. n. 69 del 2005, art. 22 ai gravami di merito e non già al giudizio di legittimità, con la conseguente permanenza della legittimazione personale al ricorso.

7. Manifestamente infondata si rivela, tuttavia, la eccezione di incostituzionalità proposta dal ricorrente.

La Corte Costituzionale, con la sentenza 9 luglio 2009, n. 207, nel dichiarare la illegittimità costituzionale dell'art. 391-bis c.p.c., comma 1, ha ribadito con forza il ruolo, costituzionalmente necessario, che il giudizio di cassazione assume nel nostro sistema processuale.

La garanzia del giudizio di cassazione si qualifica, infatti, in funzione dell'art. 111 Cost., il quale, anche dopo il profondo intervento di novellazione subito ad opera della Legge Costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, non a caso continua a prevedere, quale nucleo essenziale del "giusto processo regolato dalla legge", il principio secondo il quale contro tutte le sentenze ed i provvedimenti sulla libertà personale "è sempre ammesso il ricorso in cassazione per violazione di legge".

Nel disegno sistematico della Costituzione, pertanto, il giudizio di cassazione non solo è previsto "come rimedio costituzionalmente imposto avverso tale tipo di pronunzie; ma, soprattutto, il presidio costituzionale - il quale è testualmente rivolto ad assicurare il controllo sulla legalità del giudizio (a ciò riferendosi, infatti, l'espresso richiamo al paradigmatico vizio di violazione di legge) - contrassegna il diritto a fruire del controllo di legittimità riservato alla Corte Suprema, cioè il diritto al processo in cassazione" (Corte cost., sent. n. 395 del 13 luglio 2000).

7.1. Il carattere "costituzionalmente imposto" del controllo di legalità dell'operato dei giudici di merito mediante il ricorso in cassazione, tuttavia, non preclude la discrezionalità del legislatore ordinario di conformare razionalmente l'esercizio di una simile garanzia e di rinvenire soluzioni, quali la esclusione della legittimazione personale alla impugnazione in sede di legittimità, al fine di garantire un migliore funzionamento della Corte di Cassazione ed un più agevole esercizio delle funzioni di nomofilachia alla stessa attribuite.

La giurisprudenza di legittimità ha, del resto, a più riprese, ribadito che, nel sistema del diritto processuale penale italiano, il legislatore ha delineato un modello di esercizio del diritto di difesa (e, conseguentemente, anche del diritto alla impugnazione) differenziato per le varie fasi e tipologie di processi; tale differenziazione segue una linea logico-sistematica che regge al vaglio di compatibilità con il dettato costituzionale e con i principi affermati dalla C.E.D.U. (Sez. U, n. 31461 del 27/06/2006, Passamani, non massimata sul punto; Sez. 2, n. 40715 del 16/07/2013, Stara, Rv. 257072).

7.2. La necessità del ricorso alla rappresentanza tecnica per l'esercizio della impugnazione in cassazione, in ragione delle peculiari connotazioni di tale giudizio, è, peraltro, principio tutt'altro che ignoto alla giurisprudenza della Corte Costituzionale.

Già sotto l'imperio del codice di procedura penale previgente, la Corte Costituzionale, nel dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'art. 529 c.p.p., limitatamente alla parte in cui non disponeva che l'incarico per la sottoscrizione dei motivi di ricorso, al difensore iscritto nell'albo speciale della Corte di Cassazione, potesse essere conferito anche "con lettera raccomandata diretta allo stesso cancelliere", aveva evidenziato le peculiarità del giudizio di legittimità e come le stesse fossero "più che sufficienti a giustificare l'esigenza di una maggiore qualificazione culturale del difensore, attesa la delicatezza dei problemi giuridici che vanno discussi in quella sede" (Corte Cost., sentenza n. 588 del 12 maggio 1988).

Muovendo da tali rilievi, la giurisprudenza di legittimità ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 613 c.p.p., comma 1, vigente, sollevata con riferimento all'art. 3 Cost., comma 1, e art. 24 Cost., comma 2, sotto il profilo della mancata previsione che il ricorso per cassazione possa essere sottoscritto anche da difensore non iscritto all'albo speciale, quando lo stesso abbia assistito la parte nel corso di tutto il procedimento svoltosi nei gradi di merito. L'istituzione dell'albo speciale, infatti, con riserva ai soli iscritti della facoltà di difendere davanti alle giurisdizioni superiori, trova oggettiva giustificazione nell'esigenza di assicurare un alto livello di professionalità, adeguato all'importanza e difficoltà del giudizio di legittimità (Sez. 1, n. 1650 del 14/03/1996, Cappellazzo, n. 204598).

Alla stregua di tali consolidati principi la esclusione della legittimazione dell'imputato (ed, in via di interpretazione sistematica, come si è detto, anche del richiesto in consegna) a sottoscrivere personalmente il ricorso per cassazione non comporta alcuna limitazione del pieno esercizio del diritto di impugnazione, in quanto lo stesso può essere realizzato pur sempre mediante l'ausilio tecnico di difensore appositamente legittimato.

La previsione dell'art. 613 c.p.p., comma 1, non costituisce, pertanto, una espressione della discrezionalità legislativa manifestamente irragionevole, proprio in ragione delle approfondite conoscenze giuridiche e dell'elevato livello di qualificazione professionale che postula l'esercizio del diritto di difesa innanzi alla Corte di Cassazione.

La disposizione censurata dal ricorrente incide, invero, sul diritto alla autodifesa del ricorrente e non già sulla titolarità del diritto al controllo di legittimità della decisione di merito, che permane immutata.

Il diritto all'autodifesa del ricorrente, tuttavia, in un processo, quale quello di legittimità, che non contempla la partecipazione personale dell'interessato ed il diritto di essere sentito (ex plurimis: Sez. 6, n. 22113 del 06/05/2013, Berlusconi, Rv. 255374), deve, pur sempre, essere esercitato mediante la mediazione illustrativa di un difensore legittimato e, segnatamente, trasfuso nell'atto di ricorso ed in scritti difensivi declinati nelle forme tassative del rito di legittimità.

7.3. La disposizione censurata non si rivela, inoltre, in contrasto con le previsioni della Convenzione Europea dei diritti dell'Uomo, parametro, peraltro, solo genericamente evocato dal ricorrente ed in assenza del necessario riferimento alla violazione dell'art. 117 Cost..

Sia la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, all'art. 6, comma 3, lett. c), che il Patto internazionale relativo ai diritti civili o politici, all'art. 14, comma 3, lett. d), sanciscono, infatti, il diritto dell'accusato di "difendersi da sè o avere l'assistenza di un difensore di propria scelta".

La CEDU e la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo non ritengono, tuttavia, indefettibile il diritto alla autodifesa, nè, tanto meno, la presentazione personale del ricorso innanzi alle giurisdizioni superiori, atteso che tale garanzia può essere soddisfatta anche mediante la previsione della sola difesa tecnica.

Nella sentenza del 27 aprile 2006 sul caso Sannino/Italia la Corte Europea dei diritti dell'uomo ha, infatti, affermato che, pur riconoscendo l'art. 6, paragrafo 3, della Convenzione ad ogni imputato "il diritto di difendersi personalmente", non ne ha volutamente precisato le condizioni di esercizio, lasciando agli Stati contraenti la scelta dei mezzi idonei a consentire al loro sistema giudiziario di garantire siffatto diritto, in modo che si concili con i requisiti di un equo processo (Corte EDU, Sez. 3, 27/04/2006, Sannino c. Italia, p. 48; analogo principio è, peraltro, stato affermato nelle pronunce Corte EDU, Sez. 5, 21/09/1993, Kremzow c. Austria; Corte EDU, 24/05/1991, p. 52 Quaranta c. Svizzera, p. 29).

La giurisprudenza di legittimità, del resto, ha ritenuto in plurime pronunce che il principio della rappresentanza tecnica è compatibile con il diritto di ogni accusato di difendersi da sè, riconosciuto dall'art. 6, comma 2, lett. c) della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, norma quest'ultima che implica, solo nel giudizio di merito sull'accusa e non anche nel giudizio di legittimità, l'obbligo di assicurare il diritto dell'accusato di contribuire con il difensore tecnico alla ricostruzione del fatto ed alla individuazione delle conseguenze giuridiche (ex plurimis: Sez. 2, n. 2724 del 19/12/2012, Cappa, Rv. 255083; Sez. 3, n. 19964 del 29/03/2007, Stara, Rv. 236734).

7.4. Nei primi commenti dottrinali alla nuova disposizione si è, tuttavia, rilevato come la mancata previsione da parte del legislatore della riforma di appositi rimedi nei casi in cui il difensore che ha assistito l'imputato nei giudizi di merito non sia abilitato al patrocinio in cassazione possa collidere con il diritto all'accesso alla giustizia sancito dall'art. 6 della CEDU. Tale obiezione si rivela, tuttavia, di carattere meramente fattuale, in quanto è legata alle evenienze dei singoli casi, e potrebbe, comunque, essere superata, in attesa di un eventuale intervento legislativo di coordinamento della disciplina risultante dalla riforma, mediante la proposizione del ricorso in cassazione, riconosciuta dalla giurisprudenza di legittimità, da parte di un avvocato iscritto nell'albo speciale della Corte di cassazione, nominato quale sostituto dal difensore dell'imputato, di fiducia o di ufficio, non cassazionista (Sez. U, n. 40517 del 28/04/2016, Taysir, Rv. 267627).

8. Alla stregua dei rilievi che precedono il ricorso del L. deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile ai sensi dell'art. 591 c.p.p., comma 1, lett. a), in quanto proposto da soggetto non legittimato.

Tale declaratoria esime dall'esame del residuo motivo di ricorso ed impone la condanna del ricorrente, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento.

In ragione delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che si ravvisano ragioni di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

La cancelleria è tenuta agli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso perchè proposto personalmente dall'interessato, che condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 2.000,00 alla Cassa delle Ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.

Così deciso in Roma, il 13 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2017